Berlusconi: «La ripresa è già iniziata»

RomaLa Giornata del Risparmio, teatro di polemiche negli ultimi anni, si apre questa volta controcorrente, cioè con un elogio alle banche. E non si tratta di un elogio di routine: «Il governo - scrive infatti Silvio Berlusconi al presidente dell’Associazione Casse di risparmio, Giuseppe Guzzetti - apprezza il comportamento tenuto dal sistema bancario italiano, che ha affrontato la crisi in condizioni migliori rispetto a quelle di tanti altri Paesi». Ora, aggiunge il premier, «confido che si realizzi una convergenza ancora maggiore fra imprese e banche» e «un sempre maggiore radicamento verso le esigenze del territorio nella valutazione del merito di credito».
Berlusconi sigilla la pax bancaria ed è ottimista sull’andamento dell’economia. «Il peggio della crisi finanziaria sembra che sia alle nostre spalle - scrive - e sia iniziata, seppure lentamente, la ripresa». Dello stesso avviso è Giulio Tremonti. «La crisi - osserva - è in divenire, come un videogame, e ora si è bloccata grazie agli interventi degli Stati che hanno trasmesso un messaggio di fiducia». Le massicce iniezione di liquidità sono transitate attraverso le banche, e qui il bilancio del ministro dell’Economia è «a due colonne: è positivo in termini della tenuta sistemica; però una quota di liquidità è rimasta nelle banche e non è andata nell’economia (parlo del mondo - precisa - non dell’Italia)». Inoltre, «la massa dei prodotti derivati sembra in aumento, e non in diminuzione».
Il ministro dell’Economia difende a spada tratta l’ancoraggio dei conti pubblici all’Europa e alle sue regole. È l’unico cenno, indiretto, alla Finanziaria. «Oggi l’Italia è fra i Paesi più stabili d’Europa - ricorda - così come il nostro sistema pensionistico. Il governo ora sta lavorando alla creazione di fondi a favore delle piccole e medie imprese, con la collaborazione delle banche: un primo schema di lavoro sarà pronto fra due-tre settimane». Inoltre Tremonti conferma che il Tesoro migliorerà la circolare sullo scudo fiscale, rendendo più stringenti le norme antiriciclaggio, come chiesto da Bankitalia. «Ci risulta - aggiunge - che con lo scudo i capitali stanno rientrando come rimpatrio, e non in termini figurativi. È segno di impegno civile delle nostre imprese». Un’osservazione, inoltre, sulla dimensione del sistema bancario italiano, che dovrebbe stare più sul territorio visto che il 90% del Pil è fatto da piccole imprese con meno di quindici dipendenti. «Non sto chiedendo scissioni dei grandi gruppi, ma solo una migliore organizzazione», precisa.
Accanto a Tremonti, al presidente dell’Acri Guzzetti e a quello dell’Associazione bancaria Corrado Faissola, siede Mario Draghi. Nel suo intervento, il governatore fa il suo mestiere, cioè di essere un po’ meno ottimista dei politici. «La caduta in cui le nostre economie si stavano avvitando - spiega - si è fermata. Siamo meno sicuri che si stia effettivamente avviando una ripresa duratura». Il tempo di recupero potrebbe superare i due anni. Nel frattempo, la disoccupazione potrebbe ancora aumentare in questo scorcio d’anno. «Oggi l’urgenza - rimarca Draghi - è riprendere il cammino delle riforme».
Draghi ricorda che nel credito «non è ancora visibile un punto di svolta». I prestiti alle imprese sono diminuiti anche nel terzo trimestre di quest’anno, un rallentamento «particolarmente pronunciato» per gli impieghi dei gruppi bancari più importanti». Alle imprese non dovrà mancare «l’intelligente, prudente e selettivo sostegno del credito: questo è il principale contributo che il sistema bancario è chiamato a dare al rilancio dell’economia». Le condizioni di credito restano «molto difficili» per le piccole e medie imprese. Allo stesso tempo, il governatore non può dimenticare che la crisi sta tagliando i profitti delle banche, chiamate a rafforzare i patrimoni anche con il sostegno delle Fondazioni. E così chiede al governo di rivedere il trattamento fiscale sulla svalutazione dei crediti.

Mentre alle banche il governatore ricorda che Bankitalia ha avviato un processo di revisione, «al termine del quale ci si aspetta che gli intermediari italiani abbandonino le giurisdizioni non cooperative». Cioè i paradisi fiscali.

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