nostro inviato a Bari
«Ghe pensi mi». Silvio Berlusconi è tirato in volto, forse pure un po’ affaticato. Non ne può più del tira e molla con i sindacati. Ma non solo, visto che, dietro alcune lecite rivendicazioni, pensa ci sia dell’altro. Cioè, «motivazioni politiche», portate avanti dalla sinistra, indefinita, ma con un inevitabile riferimento al Partito democratico. Che «soffia sul fuoco», spiega ai suoi, con l’intenzione di aprire una nuova ferita sul fianco di Alitalia, già piuttosto cagionevole di salute. Il rischio è chiaro: andando avanti di questo passo, teme, libri in Tribunale. E di conseguenza, fallimento totale. Ovvero, «il disastro».
Allora, che fare? Il Cavaliere decide di cambiare passo. Prende in mano la situazione e convoca i sindacati in serata a palazzo Chigi. Anche se al tavolo preferisce non andare, delegando la partita a Gianni Letta e ai ministri di riferimento, rimanendo però in contatto costante dalla sua residenza romana. Ma che voglia giocare in prima persona lo si capisce già dal mattino, quando arriva a Bari per l’inaugurazione della Fiera del Levante. Quando parla dal palco - assicura chi gli sta vicino - con un chiodo fisso che lo distrae: il futuro della compagnia di bandiera. Quella per cui ha rischiato, in campagna elettorale, e che adesso si trova a un passo da un nuovo corso. Quella che rappresenta la sua seconda grande sfida politica, da vincere. La seconda, infatti, dopo la fine dell’emergenza rifiuti in Campania.
Il premier dunque non ci sta a rimanere sulla graticola. E decide per un repentino rientro a Roma, lasciando anzitempo la terra di Puglia. Complice forse anche il pesante acquazzone che si abbatte sul capoluogo, che stoppa ogni ipotesi di tour tra gli stand. Ma a farlo desistere, però, è di certo la telefonata di Letta, che lo informa sugli ultimi sviluppi e gli prospetta la riapertura, di lì a poco, delle trattative. A Roma. Quindi, rientro frettoloso nella Capitale (vi rimarrà anche oggi). Dove a palazzo Grazioli lo attende proprio il sottosegretario, con il quale si terrà aggiornato per tutta la giornata. Prima, però, spiega il suo punto di vista. «Questa situazione mi preoccupa moltissimo, non riesco a capire cosa succede e perché ci sia questo atteggiamento suicida», attacca il Cavaliere. Convinto che, dietro tutta questa incertezza, ci siano «motivazioni politiche che non hanno nulla a che fare con le richieste dei lavoratori». Non la nomina, ma il riferimento, spiegano, è innanzitutto alla Cgil. Alla confederazione di Guglielmo Epifani che, secondo il suo ragionamento, starebbe tirando la corda fino a farla spezzare. Un disegno condiviso anche da parti dell’opposizione. Contrarietà che, non a caso, il leader del Pd, Walter Veltroni, esprime anche al presidente della Cai, Roberto Colaninno.
Ma «adesso intervengo io», avverte Berlusconi, anche per dimostrare come non corrisponda al vero la chiusura al confronto da parte del governo. Anzi, «l’esecutivo è sempre disponibile con i suoi ministri, anche con il presidente del Consiglio, per dare tutto il supporto possibile per giungere all’unica soluzione possibile per evitare il fallimento della compagnia».
Intanto, il premier decide di far sentire la sua voce pure a Gubbio, intervenendo telefonicamente al tradizionale seminario di Forza Italia. E anche lì non si sottrae a un nuovo commento. L’esigenza, ora, è comunicare la sua discesa in campo in prima persona. E se nei giorni precedenti, nonostante mille sollecitazioni, è rimasto in silenzio, adesso lo scenario è cambiato. Nelle ultime ore, infatti, il rischio che la partita possa saltare, non lo fa stare sereno. E allora, vale la pena anche ripetere il concetto, se necessario. Il destino di Alitalia - dichiara dalla cornetta di via del Plebiscito - «è messo in forse dal comportamento irragionevole di alcune categorie di dipendenti». E in questo scenario, avverte, «vediamo la forte influenza della sinistra che, pur di dare smacco al governo, non esita a considerare poco importante il disastro che arrecherebbe a tutto il Paese se Alitalia dovesse portare i libri in tribunale».
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