da Roma
Due giorni fa, quando il ministro Fitto lha chiamato per dirgli che stava preparando un comunicato piuttosto duro contro la procura di Bari, la risposta di Berlusconi è stata eloquente: «Raffaele, più duro che puoi. Senza esitazioni».
A quarantotto ore di distanza la linea del Cavaliere resta sostanzialmente la stessa, ribadita davanti allintero Consiglio dei ministri. Tanto netta che lunico rammarico che si porta dietro il premier è quello di non aver fatto lannunciata conferenza stampa per spiegare agli italiani le sue ragioni. «Hanno insistito così tanto - dice riferendosi ai consiglieri più prudenti - che alla fine ho ceduto. Ma passato questo periodo di polemiche, la conferenza stampa la farò. Perché il Paese deve sapere come stanno davvero le cose».
Nonostante tutto, però, il Cavaliere non sembra aver perso il suo buonumore se prima della riunione a Palazzo Chigi invita al silenzio alcuni ministri che parlottano in maniera un po concitata. «State zitti - li riprende Berlusconi mentre è al telefono - altrimenti non mi intercettano bene». Non è affatto ironico, invece, qualche minuto dopo. Quando parlando con un ministro ribadisce lintenzione di andare fino in fondo: «Non mi farò intimidire, non farò la fine di Veltroni».
Già, perché il premier è ormai convinto che il leader del Pd sia «prigioniero» del «giustizialismo oltranzista di Di Pietro». Insomma, che non sia più un interlocutore credibile per la maggioranza. Perché, chiosa Osvaldo Napoli, «la sua stagione riformista è durata lo spazio di un mattino». Daltra parte, nel Pd non sono poche le crepe. Perché se cè unala che spinge verso la sinistra radicale, cè pure una zona grigia - e prudentemente silenziosa - che vede di buon occhio lapprovazione del lodo-bis e la definitiva soluzione della questione giustizia. È a loro che si appella Cicchitto quando si augura che lopposizione «non si faccia trascinare da Di Pietro». Anche perché, ripete in queste ore Berlusconi, la magistratura «ha travolto anche loro in più duna occasione». Il caso di scuola, ovviamente, è quello dellinchiesta su Clemente Mastella che ha dato il colpo definitivo al governo Prodi per poi concludersi in un nulla di fatto.
E dopo aver citato il caso Mastella, Berlusconi torna sulle intercettazioni pubblicate da LEspresso. «Una vergogna», ripete in Consiglio dei ministri. «Una vergogna - spiega - che però farà aprire gli occhi agli italiani perché in quelle conversazioni non cè assolutamente nulla». E che le intercettazioni non debbano finire sui giornali lo pensa anche Veltroni, perché - spiega - deve essere «salvaguardata la privacy dei cittadini».
È altrettanto netto il Cavaliere quando si affronta il capitolo del lodo-bis: «una necessità».
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