Politica

Berlusconi: «Se vinco lascio tra cinque anni»

Adalberto Signore

da Roma

«Se vinco fra cinque anni lascio» e «se perdo guiderò l’opposizione». Silvio Berlusconi guarda al di là dell’ostacolo e comunque andrà a finire la lunga corsa che porta al 9 aprile il premier non sembra avere dubbi: resterà in politica ancora una legislatura, con buona pace degli avversari ma pure di qualche alleato. Anche perché, ospite di Matrix, dice: «Ho bisogno di un altro mandato per completare il programma, solo Napoleone aveva fatto più» di questo governo.
«Quel sobrio signore». La sigla iniziale del programma condotto da Enrico Mentana è appena andata in onda quando il premier torna a ribadire di sentirsi «in credito» con le apparizioni tv. Prende il solito foglio con la tabella delle presenze televisive dei leader dell’Unione, lo mostra verso le telecamere e attacca: «Giudichino gli altri chi straborda e chi no». Poi la battuta: «Io, Berlusconi, quel sobrio signore che non è mai o quasi in tv...». Lo segue Mentana che con un sorriso buttà lì un «vabbe’, sarà un caso di omonimia».
«Se vinco...». Si passa al futuro. E, spiega, il capo del governo, l’idea del contratto con gli italiani è sempre sul tavolo. «Da martedì entrerà in vigore la par condicio - dice - ma ci sono sempre i liberi telegiornali». La clausola finale, però, sarebbe diversa: «Nell’eventualità che gli impegni tra cinque anni fossero tutti rispettati non mi presenterei più...». «Nel contratto del 2001 - spiega - mi ero impegnato a non ricandidarmi se non avessi raggiunto almeno quattro dei cinque punti, ma visto quanto abbiamo fatto...». E inizia a elencare una dopo l’altra le «trenta e passa» riforma approvate dal governo. Insomma, «solo Napoleone aveva fatto di più». «Un faccia a faccia con Napoleone non posso proprio farlo», chiosa ridendo Mentana. E il premier: «E io sono anche molto più alto...».
«Se perdo». L’ipotesi di una sconfitta Berlusconi non la prende «nemmeno in considerazione». Ma, dovesse accadere, sarà «ancora in Parlamento a fare una opposizione costruttiva» contro il centrosinistra guidato da Massimo D’Alema» (perché è lui «il vero capo»). E ribadisce: «Non credo che quella del grande centro sia una ipotesi percorribile, anzi penso che dopo le elezioni si andrà verso due grandi partiti unitari».
«La protesi della politica». Sulla Rai, sollecitato dal direttore della Padania Gianluigi Paragone, fa autocritica anche se «tutte le forze del centrodestra devono essere chiamate in causa per questo insuccesso». E cioè «il fatto di non aver fatto attecchire un certo progetto culturale». Viale Mazzini, dice, «è la roccaforte precostituita da chi è arrivato prima del ’94» perché «da quel momento in poi sono state fatte poche assunzioni».
«La macchina da guerra». Poi l’attacco a Ballarò, una «perfetta macchina da guerra contro il governo» e al suo conduttore Giovanni Floris. «Non è una bravissima persona - dice - ma è un bravissimo conduttore, è una cosa diversa. Anche se non si è mai premurato di avvisare che tutto il suo pubblico era pescato a sinistra». Circostanza, però, che la redazione del programma di «RaiTre» smentisce immediatamente prendendo anche le difese di Floris («a noi sembra una brava persona»). A stretto giro la controreplica del premier: «Sono bugiardi». E una stoccata anche a Blob, «finto spettacolo di satira che contiene attacchi politici», «il peggio del peggio», «una situazione di scandalo».
«Fango su di me». Si passa a Rockpolitick, spettacolo condotto da Adriano Celentano e scorrono a lungo le immagini del duetto con Roberto Benigni sulla lettera al premier. Berlusconi assiste sorridendo di tanto in tanto e poi, facendo l’esempio dell’eurotassa «che non è stata mai restituita», chiosa: «Se Benigni avesse cercato di ricordare quello che hanno fatto i vecchi governi della sinistra avrebbe fatto prima...». «Quella trasmissione vista da milioni di spettatori - aggiunge - ha buttato fango su di me».
«L’ossario». Si parla di Romano Prodi e Piero Fassino e Berlusconi non perde l’occasione della battuta. Il leader dell’Unione «è invecchiato più di me e questo gli ha compresso la statura». Per quanto riguarda il segretario dei Ds, invece, «non si sa se è meglio avere un rapporto più stretto con lui o andare in pellegrinaggio in un ossario... madonna mia come è magro!».
«Piena luce». In studio c’è anche il direttore del manifesto Gabriele Polo. Di fede milanista anche lui, ragion per cui negli stacchi pubblicitari si fa pure qualche battuta sul Milan e su Fabio Capello. La conversazione, però, si sposta anche sul caso Sgrena e sulla morte di Nicola Calipari. Con sua moglie, dice il premier, ho preso un impegno a insistere con l’amministrazione americana affinché venga fatta piena luce». «La rogatoria - aggiunge - è stata inoltrata in America con la firma di Castelli e il sostegno del governo».
«Nessun errore». Si torna anche ai fatti del G8 di Genova e Berlusconi nega categoricamente responsabilità da parte del governo che non aveva «intenzione di usare le maniere forti». La morte di Carlo Giuliani è stata «una fatalità non certo provocata dal ragazzo con la divisa da carabiniere».
«Roma la città più bella». In un’intervista all’emittente romana «T9», invece, il premier fa il verso a Prodi e dichiara il suo amore per Roma: «È la città più bella del mondo, mi piace viverci e lavorare, anche se Milano è la mia casa e rimane nel mio cuore». Oggi, appuntamento ad Ancona per la quarta tappa della campagna elettorale di Forza Italia.

Con l’occasione, il premier incontrerà Andrea Carloni che nel 1997 si era svegliato da un coma di cinque mesi sentendo la voce di Berlusconi che lo incitava in audiocassetta a riprendersi.

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