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Berlusconi: «Sull’euro non si torna indietro»

Berlusconi: «Sull’euro non si torna indietro»

Fabrizio de Feo

nostro inviato a Parma

«Non è possibile e non è conveniente uscire dall'euro». Silvio Berlusconi, nel giorno dell'insediamento a Parma dell'Authority per la Sicurezza alimentare, sgombra il campo da dubbi o ambiguità e indossa i panni dell'europeista convinto. Il messaggio è chiaro: indietro non si torna. L'Unione Europea resta una prospettiva ideale e una finalità storica per il governo italiano. Ci sono difetti da correggere, eccessi burocratici da abbattere o limare in una istituzione che troppo spesso è «facitrice di regole dall'alto» ed «eccessivamente elitaria e burocratica». Ma «nonostante le battute d'arresto dei due referendum, quello francese e quello olandese, il tragitto continua».
Le parole del premier suggeriscono la prospettiva di un possibile scontro con la Lega che a Pontida ha lanciato l'idea di un referendum per il ritorno alla lira. Berlusconi, però, ci tiene a stemperare subito ogni possibile fuoco polemico con gli alleati. «Sappiamo che la Lega è un partito territoriale, si occupa di interessi territoriali e da sempre fa sentire la sua voce su queste posizioni. Ma, nella maggioranza di governo, non è mai intervenuta ad ostacolare alcuna politica italiana in Europa. Continuerà ad essere così». L'importante è non drammatizzare perché, tranquillizza il presidente del Consiglio, gli euroscettici sono ovunque una minoranza, e lo stesso avviene in Italia. Per questo «i funerali e le campane a morto» risuonate per l'Europa nelle scorse settimane «sono fuori misura ed eccessive». Si tratta di analisi in cui prevale «il pessimismo che non porta da nessuna parte». «L'Europa - ricorda - ci ha garantito 50 anni di pace e di benessere e ce ne garantirà altri 50 ed oltre».
Per scacciare definitivamente i colori cupi, il premier rievoca il percorso che portò alla scelta di Parma come sede dell'Agenzia alimentare. Lo fa intervenendo alla cerimonia di insediamento dell'Autorità dove viene accolto, al suo ingresso in sala, da applausi ripetuti. Il ringraziamento alla platea è immediato. «Ogni tanto, dopo aver letto i giornali, fa molto bene avere questi applausi. Sono commosso per questa dimostrazione di affetto visto che normalmente per chi fa politica la categoria della riconoscenza non esiste». «Quello di Parma è un modello di successo», ricorda Berlusconi, ottenuto con «l'ottimismo della volontà contrapposto al pessimismo della ragione». «Quando abbiamo assunto la responsabilità del governo - fa notare il premier - non c'era nessuno che si sarebbe giocato un soldo sulla possibilità che un'agenzia ormai assegnata alla Finlandia potesse cambiare indirizzo e venire in Italia. Quella decisione, però, francamente mi sembrava inaccettabile».
E così quella battaglia venne giocata con convinzione dal governo, facendo squadra con le istituzioni locali e arrivando perfino ad adottare armi diplomatiche non convenzionali. Per ottenere l'assegnazione dell'agenzia a Parma Berlusconi ricorda, infatti, di aver messo in campo un valore aggiunto: il suo talento da seduttore. «Per convincere la presidentessa della Finlandia a rinunciare a quanto spettava al paese scandinavo ho dovuto esercitare le mie arti da playboy, ormai lontane nel tempo... D'altra parte quando si insegue un risultato bisogna usare tutte le armi a disposizione e io ho risfoderato quelle da seduttore», ironizza il premier. Un'offensiva «tenace» che «mi valse la nomina di cattivo sui giornali europei» ma che si è tramutata in un successo per l'Italia e in un vantaggio per gli ospiti stranieri, visto che «non c'è alcun confronto tra ciò che oggi offriremo a Barroso che gradirà molto il vostro culatello rispetto alla renna affumicata finlandese».
Dopo aver inondato di entusiasmo e ironia il presidente della Commissione Europea, Barroso, il premier si fa serio per ricordare che l'Authority per la Sicurezza Alimentare non è soltanto un successo italiano ma anche un modello di un Europa al positivo. L'istituzione parmense, infatti, svolge «un compito fondamentale per la salute dei cittadini, un compito di una Europa che vorremmo vedere davvero, una Europa dei cittadini, sollecita nella difesa dei cittadini, e non una Europa delle élite e della burocrazia come purtroppo in troppe occasioni dobbiamo constatare che oggi è». «Con il presidente Barroso - rivela Berlusconi - ho parlato tanto dicendo che serve un'Europa che sia meno facitrice di regole calate dall'alto e basata invece maggiormente sullo jus gentium, un diritto della gente che sia collegato al luogo dove vive. Sarebbe giusto - constata il premier - se l'Europa volesse ridurre le leggi e abrogasse tante norme che calate nei paesi si sono rivelate causa di difficoltà». In ogni caso non va dimenticato che «Maastricht è stata un bene perché ha contribuito a contenere le spese dell'Italia e di altri Paesi». Piuttosto da parte dei governi europei deve essere «valutata la possibilità di una politica economica europea perché la Bce ha solo il mandato di combattere l'inflazione».
C'è un altro punto caldo nel dibattito sulle istituzioni di Bruxelles: quello del possibile ingresso della Turchia in Europa come membro integrato dell'Unione Europea. Un allargamento dei confini da sempre sponsorizzato dal premier. Sulla questione, però, Berlusconi fa esercizio di realismo, pur senza chiudere la porta ad Ankara. «Spero che la Turchia nel tempo possa diventare partner a pieno titolo dell'Ue. La sua posizione geopolitica tra Europa e mondo musulmano è strategica e il fatto che un Paese musulmano possa dimostrarsi una piena democrazia e collaborare al cento per cento con l'Occidente è fondamentale per il nostro futuro». Una convinzione con cui il premier italiano vorrebbe contagiare i partner europei più scettici. «Auspico che Francia e Olanda possano col tempo cambiare opinione, verificando i cambiamenti legislativi e culturali che avverranno in Turchia.

Non sarà oggi, né domani, ma è un investimento strategico».

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