Berlusconi teme le intercettazioni a rate

Il premier prepara la controffensiva e conferma ai suoi che non andrà al voto a meno di non esserci costretto. Poi rivela: "Montezemolo mi ha assicurato che in caso di elezioni anticipate si schiererà con il centrodestra"

Berlusconi teme le intercettazioni a rate

Roma - La giornata la passa a scartabellare intercettazioni e studiare la strategia difensiva in vista di quello che non esita a definire «lo scontro finale». Mentre la serata se ne va sul divano, con le immagini di Annozero che scorrono sul televisore al plasma e la cena accortamente posticipata, giusto per evitare che gli vada di traverso. D’altra parte, il giudizio del Cavaliere sulla trasmissione condotta da Santoro è piuttosto scontato: la «solita vergogna», non esita a dire in privato.

Il premier, dunque, prende tempo. E cerca di tenere insieme i pezzi di un puzzle sempre più complesso, confermando anche ai suoi più stretti collaboratori di non avere intenzione di andare al voto a meno di non esserci letteralmente costretto. Sullo sfondo, però, l’ipotesi urne resta. Soprattutto se la cassaforte della procura di Milano dove sono custodite le oltre mille pagine di intercettazioni ancora secretate si rivelasse - come spesso accade nei palazzi di giustizia italiani - degna della Banda Bassotti. Se l’intenzione, insomma, è quella di aprire lentamente i rubinetti e dare il via ad uno stillicidio di scoop giornalistici per i prossimi mesi. Allora, l’unica via d’uscita potrebbe essere il voto, proprio per evitare che con il passare dei mesi si chiuda la finestra delle elezioni anticipate rimettendo in pista quel governo tecnico che Berlusconi vede come fumo negli occhi. Ed è anche per questo che si sta pensando per i prossimi mesi ad una mobilitazione nazionale proprio sulla giustizia. Il Cavaliere, però, sa bene che si tratta di una strada piena di buche. Intanto perché la campagna elettorale sarebbe tutta incentrata sulla vicenda Ruby e poi perché per quanto i sondaggi facciano registrare una certa tenuta il rischio di vincere solo alla Camera ma non al Senato resta altissimo.

L’unica buona notizia sul fronte urne - ha raccontato Berlusconi tre giorni fa durante una riunione serale a Montecitorio con alcuni parlamentari - arriva da Montezemolo. Che, spiega il premier hai presenti, «ho incontrato insieme a Gianni Letta» e «non solo mi ha assicurato che non si alleerà mai con il centrosinistra» ma «mi anche garantito che se scenderà in politica lo farà con una sua lista civica e alleandosi con il centrodestra». Una notizia che non fa fare salti di gioia proprio a tutti i parlamentari riuniti nella sala Colletti. E che va anche interpretata visto che proprio ieri Montezemolo ha invitato tutti a «deporre le armi» auspicando l’avvio di una «legislatura costituente». Che tradotto dal politichese significa invitare il Cavaliere a quel passo indietro che non ha alcuna intenzione di fare.

Così, Berlusconi passa la giornata a giocare su diversi tavoli. Non solo quello strettamente processuale, ma anche quelli decisamente più politici del rapporto con la Chiesa e del federalismo (con tanto di riunione serale a Palazzo Grazioli con Tremonti e Calderoli). Sul primo, l’appello alla moralità di Bertone viene letto (forse con un pizzico di ottimismo) secondo un doppio binario. A Palazzo Grazioli, cioè, si sottolinea il passaggio del segretario di Stato Vaticano sul «senso di giustizia e di legalità» per dire che quella arrivata da Oltretevere è una reprimenda rivolta a tutti. Anche se sembra che già da qualche giorno Letta abbia fatto presente al Cavaliere il rischio di un cambio di clima con la Santa Sede. Sul secondo tavolo, invece, il federalismo. Con Terzo polo e Pd pronti a dire no in Commissione bicamerale (dove è decisivo il voto del Fli Baldassarri), nonostante un piccolo spiraglio sulla tempistica dell’approvazione del decreto. Oggi il Consiglio dei ministri una piccola proroga dei tempi potrebbe concederla, ma una ricomposizione pare difficile. A meno che, ancora una volta e come già accaduto due giorni fa nel voto sulla relazione annuale di Alfano sullo stato della giustizia, non sia il Pd a «salvare» la maggioranza.

Già, perché anche a Palazzo Grazioli sanno che nel Partito democratico c’è un problema simile a quello che si vive nel Pdl visto che in caso di urne anticipate sono oltre 60 i deputati del Pd che non saranno rieletti. E che, dunque, non hanno alcuna intenzione di andare a votare.

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