Berlusconi tiene duro: pronto a nominare Bertolaso ministro

Il premier: "Dopo quello che ha fatto all’Aquila è il minimo che possiamo fare". E sul caso Pennisi: "Via le mele marce"

Berlusconi tiene duro: pronto a nominare Bertolaso ministro

Roma - Nessuna angoscia particolare: non siamo al revival di Mani pulite, non c’è alcuna Tangentopoli 2, seppur il caso Pennisi, il consigliere comunale pidiellino arrestato perché colto in flagrante mentre incassava una bustarella, abbia lasciato il segno.
Il Pdl scaccia l’ipotesi che si stia aprendo una fase analoga a quella che spazzò via la prima Repubblica agli inizi degli anni Novanta: non c’è lo stesso clima né l’illegalità diffusa che c’era all’epoca dei partiti-mangiatutto. Ma qualche preoccupazione che la gente percepisca la classe politica come corrotta c’è eccome. Una percezione distorta che tuttavia avrebbe effetti devastanti soprattutto per il centrodestra, sebbene grumi di questione morale investano tutto l’arco costituzionale. Nessun cancro etico ha colpito il Pdl: solamente qualche bubbone da estirpare senza titubanze.

Non è tanto il polverone alzato dalla procura di Firenze che ha colpito il capo della Protezione civile Guido Bertolaso a impensierire il Pdl. Anzi, su questo capitolo i vertici del partito, Berlusconi in testa, fanno quadrato attorno a Bertolaso che ieri ha avuto un faccia a faccia di un’ora col premier a palazzo Grazioli. Secondo indiscrezioni Bertolaso sarebbe ancora in pole per la guida di un ministero e il premier vorrebbe soltanto rimandare il disegno sulla Protezione civile Spa, ora accantonato per via dell’inchiesta fiorentina. Nessun cedimento neppure sul braccio di ferro con il Quirinale che avrebbe avanzato perplessità sull’eccessivo rafforzamento dei poteri della Protezione civile. «Voglio vedere se Napolitano non firma», sarebbe il pensiero del premier, intenzionato a non mollare né la partita né il suo uomo, nei suoi disegni già promosso ministro: «Dopo quello che ha fatto all’Aquila è il minimo che possiamo fare».

Sul caso si esprimono sia Gaetano Quagliariello («la magistratura faccia le inchieste ma rifiuti le logiche mediatiche») che il senatore Maurizio Gasparri: «Piena solidarietà alla Protezione civile tutta, braccio della nostra politica del fare rispetto alle chiacchiere della sinistra». Politica del fare: l’analogo concetto utilizzato dal Cavaliere in occasione della presentazione delle quattro candidate governatori del suo partito: «Gli italiani, ancora una volta, sono chiamati a scegliere il campo tra la politica del fare e la sinistra delle parole: queste sono elezioni nazionali perché coinvolgono 13 importanti Regioni». E ancora: «È una scelta di campo tra un governo delle riforme e un’opposizione che sa dire soltanto no; una scelta di campo tra un governo che cerca di alimentare la fiducia e diffondere l’ottimismo e una sinistra che sa solo spargere pessimismo e autolesionismo».

Tuttavia a impensierire il premier e i suoi uomini non è tanto l’affaire Bertolaso che ha anche colpito il coordinatore nazionale Verdini, cui il premier ha espresso «solidarietà piena». Quest’ultimo capitolo è visto soltanto come l’ennesimo attacco indiretto al Cavaliere: «Vogliono trasformare questo voto in una battaglia contro di me ma non ci sono riusciti finora e non ci riusciranno adesso». Berlusconi c’è e ci sarà ancora, almeno fino al 2013. Per il dopo, pare che lo stesso premier abbia indicato come suo successore l’attuale Guardasigilli Angelino Alfano. Giorgio Stracquadanio spiega: «È evidente il disegno: colpire Berlusconi e i suoi più clamorosi successi, rifiuti e terremoto in testa; fermare il suo tentativo di rendere la Pubblica amministrazione finalmente efficiente; colpire, attraverso Bertolaso, il sottosegretario Gianni Letta».

La questione più fastidiosa, si diceva, è invece quella emersa a Milano dove il consigliere Pennisi, intascata una mazzetta di 5mila euro, ha fatto subito evocare il fantasma del «mariuolo» Mario Chiesa. Sull’episodio si narra di un Berlusconi imbufalito e determinato a cacciare «le mele marce». Nessuna indulgenza per chi sbaglia, tanto che il presidente del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto è tranchant: «La risposta deve essere rigorosa e non può comportare la difesa a livello locale di tutto e tutti, cioè di coloro che oggi, non essendoci più un sistema di finanziamento irregolare dei partiti sono semplicemente profittatori e ladri». Dichiarazione bomba, condivisa dal premier, infastidito pure dal fatto che la magagna sia scoppiata nella sua Milano, culla e cuore del suo movimento.

Che fare quindi? Rispondere con la politica. Stracquadanio invoca un cambio di marcia di Berlusconi e di tutto il Pdl: «Anche il presidente sembra guardingo dopo la bocciatura del lodo Alfano. La magistratura ci bombarda e siamo costretti a giocare in difesa, non riuscendo più a parlare di riforme. Serve uno scatto in avanti».

E Berlusconi lo scatto lo fa eccome, lanciandosi in campagna elettorale: «Vogliamo meno tasse, meno burocrazia e più verde mentre la sinistra vuole reintrodurre l’Ici, vuole mettere la patrimoniale, raddoppiare la tassazione sulle rendite e instaurare un sistema da Stato da polizia tributaria».

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