Berlusconi: «Troppi tremila soldati in Libano»

La polemica in sinagoga: «Venite per sparare a Hezbollah oppure restate a casa»

Fabrizio De Feo

nostro inviato a Rimini

Il governo Prodi sfida la fragile tregua israelo-libanese e scommette al tavolo della missione di pace, confermando in sede europea l'invio di circa tremila soldati italiani. Numeri eccessivi, secondo Silvio Berlusconi, che dal Meeting di Rimini detta la sua critica all'improvvisa grandeur interventista dell'esecutivo unionista. «Quando ho letto la notizia che circa 3mila soldati italiani sarebbero partiti eventualmente per il Libano, ho parlato al telefono con il presidente Prodi, perché il numero mi era sembrato troppo elevato» racconta il leader del centrodestra. «L'Italia, infatti, partecipa alla spesa per la Nato per circa il 7% e per l'Onu per circa il 5%. Quella percentuale deve essere rispettata anche per i contingenti, per cui ritengo giusto un invio di 1.000/1.200 soldati. Il loro compito deve essere quello di disarmare gli Hezbollah e per questo servono regole di ingaggio chiare e certe. In Libano bisogna essere efficaci e questo risultato si può raggiungere solo disarmando gli Hezbollah».
Berlusconi racconta come il suo vero rimpianto nel non essere più al governo sia soprattutto quello di «non poter più operare per la democrazia nel mondo e continuare su una linea chiara, leale, atlantica. La mia convinzione resta la stessa: soltanto la democrazia porta alla libertà». Poi rivela un retroscena di una recente conversazione con il primo ministro inglese. «Tony Blair mi ha detto che con il mio governo l'Italia era ridiventata potenza internazionale del cui parere non si poteva fare a meno. Oggi l'Italia è tornata ad essere quello che era prima del mio governo». Non manca un aneddoto sul suo rapporto con il presidente statunitense. «A Camp David trascorsi un’ora e mezzo cercando di dissuaderlo dall’attaccare l’Irak. Alla fine dovetti smettere per non compromettere l’amore dell’uno per l’altro. L’idea era di agire io su Bush per evitare la guerra e Gheddafi su Saddam Hussein per convincerlo ad accettare l'esilio».
Se Berlusconi bacchetta Prodi per l'eccesso di interventismo, dalla Casa delle libertà arrivano commenti di differente tenore sull'iniziativa italiana. Alleanza nazionale, informalmente, fa sapere che voterà sì alla missione italiana con i caschi blu dell’Onu e si dichiara «soddisfatta» per quanto emerso a Bruxelles. Apprezzamento per la dimostrazione di coesione arrivata dall'Unione europea arriva anche dall'Udc. «Siamo lieti che a questa decisione europea si sia giunti grazie all’impegno italiano, supportato da un'iniziativa convergente in sede parlamentare tra maggioranza e opposizione. Questa è la strada da seguire anche per il futuro» dice Lorenzo Cesa, segretario nazionale Udc. «Dall'esito della riunione di Bruxelles - aggiunge Cesa - emerge finalmente un'Europa che, superando incertezze e contraddizioni, si decide a giocare un ruolo importante in Medio Oriente e nel mondo a tutela della libertà e della pace». Chi imbraccia le armi della polemica è, invece, la Lega, anche se dal Carroccio arriva la promessa di votare a favore della missione. «Spesso non ho condiviso le opinioni dei pacifisti, ma ne ho sempre stimato la coerenza. Oggi è venuta meno anche quella» dichiara Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato. «Mi chiedo come abbiano potuto un anno fa gridare “10, 100, 1000 Nassirya” - continua -, infangando la memoria dei nostri caduti per la pace, e oggi plaudire e quasi sollecitare l’invio di nostre truppe militari che per la drammaticità e la tensione del momento in quell’area tutti sappiamo benissimo che saranno costretti ad usare la forza. L'ipocrisia regna sovrana». Umberto Bossi, però, in una intervista a Panorama detta con chiarezza la linea del partito che una settimana fa era stato l'unico a scegliere l'astensione durante il voto nelle commissioni Esteri e Difesa. «Voteremo sì alla missione, per ovvi motivi.

Se non si va a rimettere a posto la situazione in Medio Oriente - continua il Senatùr - non si controlleranno più le frontiere e alla fine milioni di persone verrebbero qui da noi. Le guerre, si sa, portano immigrazione».

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