Berlusconi vola a Roma da Arcore e segue minuto per minuto la rimonta. In nottata vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli con Letta, Fini, Cesa, Pera e Pisanu Il Polo: non hanno vinto, ricontiamo i voti Bonaiuti: «Alla Camera lo scarto è di appena 25m

Adalberto Signore

da Roma

Mancano pochi minuti alle tre di notte quando Paolo Boniauti esce da Palazzo Grazioli e ai giornalisti che stazionano a via del Plebiscito, con in sottofondo i festeggiamenti dell’Unione che arrivano da piazza Santi Apostoli, legge un comunicato a nome di tutta la Casa delle libertà, la risposta del centrodestra alla dichiarazione di vittoria arrivata solo pochi minuti prima da Romano Prodi. «Contestiamo - recita il portavoce di Palazzo Chigi - che il centrosinistra abbia vinto politicamente le elezioni, perché la Cdl ha vinto al Senato con oltre il 50 per cento e 350 mila voti di differenza. Alla Camera, invece, nessuna delle due coalizioni ha superato il 50 per cento e lo scarto è inferiore ai 25 mila voti: una differenza così ridotta esige che venga effettuata una scrupolosa verifica dei conteggi e dei verbali»». Insomma, a esattamente dodici ore dalla chiusura dei seggi si va delinenado un vero e proprio muro contro muro tra le due coalizione. Con tanto di riconteggi e verifiche. «Mezzo milione di voti annullati - spiega Bonaiuti - sono una questione complessa». E Claudio Scajola accusa Prodi di «golpe».
Una giornata, quella di ieri, che Berlusconi segue negli uffici di Palazzo Grazioli dal tardo pomeriggio. «Visto? Che vi avevo detto, uomini di poca fede?», dice ai suoi tra una telefonata e l’altra e con le prime proiezioni che lentamente ribaltano il risultato degli exit poll. Il premier si gode così la più inaspettata delle rimonte. Inaspettata per tutti - e per molti anche in Forza Italia - ma non per lui che fino all’ultimo minuto dell’ultimo giorno della campagna elettorale non ha mai perso le speranze. Come finirà ancora non può saperlo, ma il fatto che l’annunciata débâcle sia scongiurata, che Forza Italia si avvii ad essere il primo partito e che la partita sembri destinata comunque a chiudersi ai tempi supplementari è già un buon motivo di soddisfazione.
Che la giornata non sarebbe stata così scontata come molti credevano Silvio Berlusconi l’aveva capito già nella tarda mattinata. Quando dal ministero dell’Interno Giuseppe Pisanu l’aveva chiamato per comunicargli il dato dell’affluenza: ben oltre l’83 per cento (alla fine sarà l’83,6), cifra molto vicina a quell’84 che, secondo i sondaggi nelle mani del premier, potrebbe dare la vittoria alla Casa delle libertà. Così, stravolgendo come spesso accade la sua agenda all’ultimo minuto, il Cavaliere decide di seguire i risultati non più da Arcore ma da Roma, anche perché a suffragare l’ipotesi di un testa a testa ci sono pure i tanto bistrattati sondaggi americani, arrivati al premier già domenica e molto ottimisti nel caso di un’alta affluenza. Così, poco dopo le 18 Berlusconi arriva a sorpresa a via del Plebiscito, scegliendo l’ingresso secondario per eludere telecamere e taccuini. La strategia del premier è chiara: silenzo assoluto finché non ci saranno i dati ufficiali perché - ripete più volte ai suoi - «degli exit poll non mi fido affatto» ed è «serio parlare soltanto con un risultato certo».
Il pomeriggio della grande sfida, dunque, Berlusconi lo passa nella sua residenza romana, circondato dai collaboratori più stretti (Paolo Bonaiuti, Valentino Valentini e la sempre presente Marinella) e da un cauto ottimismo. «Ho fatto il possibile, ora dobbiamo avere la pazienza di aspettare i dati reali», ripete più volte il premier. Che non perde occasione per sottolineare come i primi exit poll dessero una forbice di addirittura sei punti che pian piano si è andata a ridurre allo 0,8 con l’arrivo delle prime proiezioni. «L’avevo detto, questi sondaggisti - dice con una certa soddisfazione - dovrebbero cambiare lavoro». La parola d’ordine, però, è «cautela». Almeno fino al tardo pomeriggio, quando le proiezioni sul Senato danno 151 seggi alla Casa delle libertà e 158 all’Unione. Con un dettaglio: un distacco del solo 0,6 per cento in Campania che, se fosse ribaltato, in virtù della nuova legge elettorale, sposterebbe anche gli equilibri di Palazzo Madama dando la vittoria al centrodestra. Così, Berlusconi si attacca al telefono e inizia letteralmente a bersagliare di chiamate i dirigenti locali di Forza Italia. Il telefonino di Nicola Cosentino, coordinatore regionale della Campania, non smette un attimo di squillare: prima Sandro Bondi, poi Elio Vito, Fabrizio Cicchitto, Mario Valducci e pure Giulio Tremonti. Tutti a chiedere lumi sullo sprint che può decidere le sorti di Palazzo Madama. Una tirata al fotofinish che va avanti fino a notte, con l’Unione che resta in vantaggio di qualche decimale. Ma con il Lazio, con il centrodestra in vantaggio, che riapre la partita.
Passano le ore e la rimonta della Casa delle libertà prende sempre più corpo, con lo spettro di due maggioranze diverse alla Camera e al Senato (anche perché a Palazzo Grazioli sono convinti di portare a casa ben quattro dei sei seggi dell’estero). Ipotesi che però non convince Berlusconi. «Nel caso di pareggio - dice ai suoi - sarebbe bene tornare di nuovo alle urne». Poco prima di mezzanotte, a Palazzo Grazioli arriva il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Seguono a stretto giro il presidente del Senato Marcello Pera, Pisanu, il leader di An Gianfranco Fini e il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa. Umberto Bossi, da via Bellerio, segue l’evolversi della situazione in costante contatto telefonico con il premier.

Insomma, a notte fonda a via del Plebiscito va in scena un vero e proprio vertice di maggioranza nel quale si affronta tra le ipotesi sul tappeto anche quella di una vittoria della Casa delle libertà sia al Senato che alla Camera (dove le proiezioni davano inizialmente il centrodestra in vantaggio). Poi i festeggiamenti in piazza Santi Apostoli e dura presa di posizione della Casa delle libertà.

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