Roma Game over a Montecitorio. E Silvio Berlusconi lo sa bene. Oggi la partita si giocherà sul filo, perché al netto delle puerpere - due nel Fli e una nel Pd - e degli ancora indecisi è pressoché impossibile segnare sul pallottoliere della Camera numeri certi. A tarda notte, la previsione più plausibile resta quella di una fiducia al governo per uno, due o forse tre voti. Previsione, appunto.
Il Cavaliere ne è cosciente ma è deciso a rischiare. Perché, spiega nelle sue numerosissime conversazioni private della giornata, «il Paese ha bisogno che sia fatta chiarezza». È questo il senso del ragionamento del premier durante la riunione nella sala del governo di Montecitorio con Letta, Frattini, Alfano, La Russa, Verdini e Bonaiuti. Sul tavolo cè lultima «offerta» arrivata dal Fli (astensione dei finiani al Senato e dimissioni del premier prima del voto della Camera) che Berlusconi derubrica come «una presa in giro». Ho dato la mia disponibilità ad azzerare il governo e ricominciare da capo - spiega il Cavaliere - ma Fini continua a pretendere le mie dimissioni. Insomma, «siamo di fronte ad argomenti pretestuosi», ad una battaglia «che non ha più nulla di politico» ma che «è solo personale». Fini, spiega il premier nelle sue conversazioni con le colombe finiane, vuole «solo vedermi morto», vuole «solo la mia testa». Per questo la proposta del Fli è «irricevibile», perché è non è altro che un tentativo di riuscire a «buttarmi giù», peraltro «senza un voto popolare». Con i suoi è ben più tranchant: Fini è disperato, pur di farmi fuori farebbe qualsiasi cosa, al punto che sta «piegando» tutti quelli che nel Fli non vorrebbero votare la sfiducia con «una violenza inaudita», con «vessazioni» e «ricatti» mai visti. Eppoi, insiste il Cavaliere, rinfacciano a me di fare la compravendita... «Incredibile», chiosa.
Berlusconi, insomma, sa che - seppure con un esiguo vantaggio a suo favore - la partita è apertissima. Ma è cosciente che «mollare adesso» non avrebbe senso. «Un presidente della Camera che pretende di risolvere una crisi parlamentare pilotando una manovra di Palazzo - dice off record ai suoi - dà limpressione di essere «disperato». E il Cavaliere le urne non le vuole affatto, nonostante il leitmotiv dei finiani che lo descrivono convinto fautore delle elezioni anticipate. È vero che gli ultimi sondaggi vedono il premier in risalita - non solo Alessandra Ghisleri ma anche Renato Mannheimer - ma il premier non ha alcun dubbio e se avesse la possibilità di andare avanti non se la lascerebbe sfuggire. Ed è questo - scartando caramelle dalle nove di mattina, quando in Senato si apre la lunga maratona parlamentare, fino alle sette otto di sera quando si chiude il dibattito alla Camera - che cerca di far capire alle colombe finiane. La sintesi è la seguente: è vero che se la fiducia passa per uno o due voti la strada delle elezioni anticipate diventa la più percorribile perché il governo sarebbe comunque «imbrigliato» ma se si arriva alla sfiducia le urne sono pressoché certe.
La campagna elettorale a primavera, insomma, resta lipotesi più gettonata (anche se il premier ai giornalisti dice: «Voto a marzo? lo dite voi...»), ma se cè una possibilità di evitarla è un voto a favore del governo. A quel punto il premier è deciso ad aprire allUdc, tanto dallaver convinto perfino Bossi a non affondare contro i centristi. Agli osservatori più attenti, infatti, non passa inosservato che sono ormai due settimane che la Lega non affonda colpi contro lUdc. Non certo un caso, ma il risultato di un preciso diktat del Senatùr: aspettiamo, per ora Casini non si tocca... A costo di resettare la squadra di governo e, spiega il premier, «riscrivere il patto di legislatura» dalle fondamenta in modo da rilanciare l'azione dellesecutivo. Al punto che sia Berlusconi che Bossi sarebbero pronti ad accogliere lUdc dandogli il via libera a presentarsi con il suo simbolo alle prossime elezioni politiche del 2013.
È questo quello che il Cavaliere spiega a tarda sera alla colomba finiana Silvano Moffa durante una lunga conversazione telefonica. Io sono pronto a ricominciare da zero - dice - ma non posso certo prestarmi ad accordi sottobanco che sono irricevibili. E ancora: «Sono stato eletto dal popolo, ma è inammissibile che chi rappresenta la terza carica dello Stato pretenda che io faccia un passo indietro solo per delle manovre di Palazzo». Insomma, «non sono io che dovrei dimettermi» ma chi «ha decisamente perso il senso della misura e delle cose». Cioè Fini.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.