Roma La prima uscita pubblica dopo l’aggressione di piazza Duomo, un aperitivo con amici e parenti a Villa Gernetto - sede della futura università del pensiero liberale - e il veglione di San Silvestro ad Arcore con menù «tricolore» del solito cuoco Michele e musica di Mariano Apicella e Danilo Mariani. Per Silvio Berlusconi è stato un ultimo dell’anno diverso da solito, non tanto per quel blitz pomeridiano in un centro commerciale con il quale sembra voler dire che le sue abitudini non cambieranno, quanto per le parole e i toni usati da Giorgio Napolitano nel suo discorso a reti unificate. Un intervento, quello del capo dello Stato, che il Cavaliere apprezza davvero, nel merito e nei modi. Perché non solo il presidente della Repubblica invita la politica a portare avanti «riforme condivise», ma riconosce anche l’azione del governo sul fronte della lotta alla crisi, arrivando a sottolineare il ruolo avuto dall’Italia sul piano internazionale «con il grande incontro del luglio scorso all’Aquila». Un riconoscimento che a Lesmo - dove il Cavaliere brinda all’anno nuovo prima del cenone a Villa San Martino - non passa affatto inosservato.
Non è un caso che sia proprio Berlusconi uno dei primi a chiamare Napolitano, per gli auguri ma anche per ringraziarlo delle sue parole. Una telefonata che il Cavaliere non fa certo perché costretto dal bon ton istituzionale, ma di slancio e con convinzione. Il segno evidente che rispetto ai giorni che seguirono la bocciatura del lodo Alfano, il 2010 si apre all’insegna del disgelo tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Tanto che in poco più di due settimane Berlusconi e Napolitano si sono sentiti ben due volte dopo mesi in cui ogni comunicazione con il Colle passava necessariamente per Gianni Letta. Un discorso, quello del capo dello Stato, che raccoglie l’apprezzamento anche di Renato Schifani, anche lui tra i primissimi a chiamare il Quirinale. «Parole forti ed autorevoli», commenta il presidente del Senato.
D’altra parte - fa notare il premier ai suoi ospiti tra una chianina con patate e uno sformatino di spinaci - da Napolitano è arrivata un’apertura di credito alle riforme tout court e non solo a quelle istituzionali o economiche. Un passaggio niente affatto secondario, visto che parte del Pd considera processo breve, legittimo impedimento e lodo Alfano costituzionale una sorta di pregiudiziale a qualunque confronto. Berlusconi, è noto, è invece deciso ad andare avanti su tutti e tre i fronti perché - l’ha ripetuto più volte nelle sue conversazioni private - essere disponibile al dialogo e alle riforme condivise «non può significare essere sotto ricatto». Concetto che spiega in chiaro il vicecapogruppo del Pdl alla Camera. «Ogni dito alzato, ogni eccezione sollevata - dice Osvaldo Napoli - è un’espediente per non fare le riforme». Ragionamento fatto pure dal ministro delle Riforme Umberto Bossi, che il Capodanno l’ha passato nel castello di Davide Caparini a Ponte di Legno insieme a Roberto Castelli, Roberto Calderoli e una sessantina di invitati.
Al di là del discorso di fine anno di Napolitano, infatti, le perplessità di Berlusconi e di molti esponenti della maggioranza restano tutte. Perché, spiega Napoli, il problema è che «Pierluigi Bersani non ha ancora chiuso il congresso». Un modo per dire che sarà difficile discutere di riforme con un partito il cui ex segretario ed ora capogruppo alla Camera è su una linea completamente diversa rispetto al suo successore. E poi non è solo Dario Franceschini a porre come pregiudiziale di ogni confronto lo stop del centrodestra sulla giustizia, ma pure Rosy Bindi - presidente dell’assemblea nazionale del Pd - e Walter Veltroni. Che, spiegava qualche giorno fa Paolo Bonaiuti, «remano contro le riforme dall’interno del Partito democratico».
Sono soprattutto queste le ragioni delle perplessità del Cavaliere. Che se pubblicamente continua a manifestare la massima disponibilità a ogni confronto, in privato non nasconde i dubbi.
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