Rodolfo Parietti
da Milano
Marcato stretto dai sempre più numerosi detrattatori, Ben Bernanke ha scelto ieri la strada più semplice: quella di un rialzo da un quarto di punto dei tassi Usa, ora al 5,25%. È la diciassettesima manovra consecutiva di irrigidimento della politica monetaria dal giugno del 2004, e con ogni probabilità non sarà lultima. Ma a Wall Street, dove nei giorni scorsi si era ipotizzato un giro di vite ben più aggressivo, nellordine dei 50 punti, la reazione è stata subito euforica, con gli indici schizzati in alto di oltre un punto percentuale dopo la decisione della Federal Reserve, mentre il dollaro ha accusato il colpo scendendo a quota 1,2585 nei confronti delleuro.
Al termine della due giorni del Fomc (il braccio operativo della banca centrale), il presidente della Fed ha giustificato il rialzo con gli stessi toni e le stesse parole con cui aveva motivato la stretta dello scorso maggio: ovvero, con la necessità di riportare sotto controllo uninflazione cresciuta nei primi cinque mesi del 5,2% rispetto al 3,6% dello stesso periodo dello scorso anno soprattutto per effetto dei rincari petroliferi. Ma anche i prezzi a livello core, cioè quelli che escludono dal computo alimentari e prodotti energetici (le voci più volatili), vengono considerati su livelli troppo elevati (più 3,1% contro il 2,4% del periodo gennaio-maggio 2005). Tenuto conto dellossessione di Bernanke per linflazione (subito dopo la sua nomina si cominciò a parlare dellintroduzione di uninflation targeting), un nuovo inasprimento del costo del denaro era inevitabile. Anche perché secondo la Fed «leconomia sta rallentando a livelli sostenibili sulla scorta del raffreddamento del mercato immobiliare» dopo essere cresciuta nel primo trimestre del 5,6%, picco assoluto dal 2003, sulla base del dato finale comunicato ieri.
I margini per intervenire ancora sui tassi cerano tutti, sembra dunque dire la banca centrale Usa. Che ieri ha ricordato come la decisione di «altri rialzi dipenderà dai dati economici». I trader assegnano comunque il 90% di probabilità a unaltra manovra in occasione della riunione di agosto. Perché allora Bernanke non ha scelto ieri di alzare i tassi di mezzo punto, ponendo fine a un interminabile stillicidio? La risposta più semplice: perché spaventato dai mercati. Risposta anche verosimile, almeno a dar retta ai rumor secondo cui il successore di Greenspan avrebbe incontrato i principali money manager Usa per sapere quale sarebbe stata leventuale reazione delle Borse se la Fed avesse calcato la mano.
Dopo alcune infauste dichiarazioni nello scorso aprile sulla possibilità di mettere in pausa la politica monetaria, con successiva retromarcia, Bernanke appare sempre meno sicuro nellarte - fondamentale per un banchiere centrale - della comunicazione. «Un giorno dice una cosa, e la settimana dopo ne dice una completamente diversa», è stato lattacco sferrato ieri da Martin Regalia, capoeconomista della Camera di Commercio Usa. E anche i mercati, pur abituati al linguaggio spesso criptico di Greenspan, non mostrano di gradire molto le esternazioni dellex consigliere economico di George W. Bush. Ma lindice di gradimento di Bernanke punta decisamente al basso soprattutto tra i consumatori.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.