Bernanke: «Giro di vite sulle super-banche»

Non senza fatica, Eurogruppo ed Ecofin hanno trovato ieri a Goteborg la formula di compromesso sulla data di avvio dell’exit strategy, collocata nel 2011 (ma per Tremonti non c’è ancora una tempistica certa) se la ripresa economica «sarà sicura e solida». Ben altro dovrà invece essere probabilmente lo sforzo richiesto al numero uno della Federal Reserve, Ben Bernanke, per convincere il Congresso - e soprattutto la comunità finanziaria - della necessità di regole più stringenti sulla capitalizzazione delle banche. Bernanke punta invece a una sorta di deterrente per complicare, se non proprio impedire, la rigenerazione di quelle super-banche per buona parte responsabili della crisi. «È necessario irrigidire i requisiti non solo per assicurare la stabilità delle istituzioni individuali e del sistema finanziario nel suo complesso, ma anche - ha spiegato ieri davanti alla commissione sui Servizi finanziari della Camera - per ridurre gli incentivi che spingono le società finanziarie a diventare troppo grandi in modo da essere percepite come troppo grandi per poter fallire».
Bernanke è sembrato così correggere il tiro rispetto al pronunciamento di alcuni mesi fa relativo al too big to fail, peraltro non a tutti piaciuto. Ora i grandi gruppi possono fallire, e azionisti e creditori perdere denaro, a condizione che non siano una minaccia per il sistema. Dunque, un colosso come Aig verrebbe ancora salvato. Quanto al nodo dei bonus miliardari, secondo il Financial Times, gli Stati Uniti intendono adottare un approccio più flessibile rispetto all’Europa, che preme per applicare il giro di vite stabilito dall’ultimo G20 (per esempio, incentivi garantiti per non più di un anno, e pagati in più tranche). Bernanke quindi potrebbe trovarsi isolato.
Pur dicendosi convinto che «un forte quadro regolatorio» sia la prima barriera contro la formazione di bolle speculative, il successore di Alan Greenspan ha negato che la banca centrale intenda concentrare su di sè tutti i poteri di controllo. Anzi: l’idea è quella di un coinvolgimento, nell’azione di vigilanza contro i rischi del sistema finanziario, di tutte le autorità Usa attraverso la costituzione di un consiglio. Una presa di posizione che sembra tener conto dello scetticismo con cui il Congresso ha accolto la proposta dell’amministrazione Obama di investire la Fed del ruolo di super-regolatore.
Ma Bernanke ha toccato ieri altri tasti delicati, richiamando l’esigenza di porre rimedio «con decisione» allo squilibrio dei conti federali. In caso contrario, lo status del dollaro come valuta di riferimento «potrebbe essere a rischio».

Contro la sostanziale debolezza del biglietto Usa è probabile, in occasione del prossimo G7 di Istanbul, una presa di posizione ferma da parte dei ministri dell’eurozona e della Bce che potrebbero chiedere all’America di pronunciarsi a favore di un dollaro forte. Non a caso, il presidente dell’Eurotower, Jean-Claude Trichet, ha puntato ieri il dito contro i «movimenti disordinati» dei tassi di cambio.

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