Rodolfo Parietti
da Milano
Ben Bernanke esce allo scoperto: «La fase di rialzo dei tassi è destinata a finire». Una promessa senza date, quella fatta ieri dal presidente della Federal Reserve davanti al Senato. Ma per ora può bastare: lo si è visto dallimmediato indebolimento del dollaro non appena il successore di Greenspan ha messo in conto un break alle strette monetarie, con leuro salito dopo sette mesi oltre quota 1,25.
Larretramento della moneta Usa, invocato la scorsa settimana dal Fondo monetario internazionale come un passaggio necessario per riaggiustare gli squilibri commerciali (Bernanke ha però escluso che il G7 abbia posto le basi per un deprezzamento della moneta), ha coinciso curiosamente con la decisione da parte della Cina di alzare il costo del denaro di 27 punti base al 5,85. La mossa ha colto in contropiede la comunità finanziaria internazionale, anche perché la scorsa settimana, in occasione della visita ufficiale negli Stati Uniti del presidente Hu Jintao, Pechino si era mostrata riluttante ad adottare misure tese ad apprezzare lo yuan.
La partita tra Stati Uniti e Cina è comunque ancora tutta da giocare. Né le dichiarazioni di Bernanke possono aprire la strada a un calo strutturale del dollaro. Lo stesso numero uno della banca centrale Usa non ha nascosto ieri che lo stop alle strette monetarie non implica per forza di cose la fine delle manovre rialziste. Il biglietto verde potrebbe dunque anche in futuro contare sul favorevole differenziale dei tassi. Landamento delleconomia sarà determinante per orientare le scelte della Fed. Lex consigliere di Bush ha detto di considerare «ragionevole» un rallentamento della crescita nel corso dellanno. Al momento, di tale decelerazione non cè traccia. Alla vigilia della diffusione del dato sul Pil del primo trimestre, alcuni analisti ipotizzano infatti in un 5% lespansione realizzata tra gennaio e marzo.
A fronte di una crescita che sembra conservare una invidiabile solidità, gli Stati Uniti si mantengono al riparo dallinflazione. È vero che Bernanke ripete quasi come un mantra che occorre monitorare con attenzione i prezzi a causa dei rincari petroliferi, un problema anche per lo sviluppo economico soprattutto se «il raffreddamento del mercato immobiliare fosse più drastico del previsto»; ed è vero - come egli ha ammesso ieri - che allinterno del consiglio della Fed è già stata posta in discussione leventuale introduzione di uninflation target; ma è anche vero che, riguardo allevoluzione dei prezzi, le «prospettive restano favorevoli».
Ben più indecifrabili sono invece le conseguenze del rialzo dei tassi cinesi, salutato dal Tesoro Usa come «un fatto positivo», mentre Bernanke ha sollecitato Pechino «a fare di più» per aumentare la flessibilità del cambio.
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