Quel mondo lo conosce bene, perché la moglie sta da una vita dietro il bancone di una farmacia comunale a Piacenza. E di quel mondo Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, sta modificando assetti ed equilibri. Nel 2006 fu lui, da ministro dello Sviluppo economico, a rompere la diga e a liberalizzare la distribuzione dei farmaci da banco. A cominciare dalla mitica Aspirina. Ora Bersani spedisce lettere che grondano entusiasmo per il nuovo strappo: la deregulation che regala alle parafarmacie - in sostanza le vecchie erboristerie più i corner dei centri commerciali per un totale di quasi 3mila punti - la vendita dei farmaci di fascia C. Quelli che il paziente si deve pagare, ma che non possono essere dati senza prescrizione medica. Dal Lexotan al Tavor passando per la pillola. Come sempre in questi casi gli esperti si dividono: c’è chi parla di modernizzazione del Paese, e l’Italia viene considerata arretrata per definizione, e chi invece giudica la mossa del governo Monti un atto spregiudicato e incosciente che finirà col distruggere un’antica professione, sacrificata alla logica commerciale delle grandi catene di distribuzione.
Lo scontro, a colpi di comunicati e dichiarazioni, è durissimo. E vede appunto Bersani e il Pd schierati dalla parte dei parafarmacisti e delle grandi catene. Dato curioso, la consorte dell’ex ministro, Daniela Ferrari, è sempre stata dalla parte del marito e contro i colleghi sulle barricate. «Sono a condividere con voi - scrive Bersani, rivolgendosi ai presidenti del Forum delle parafarmacie e dell’Associazione nazionale parafarmacie - la soddisfazione per il traguardo raggiunto con l’inserimento nel decreto del principio della liberalizzazione del vendita dei farmaci di fascia C, che fino a poco tempo fa sembrava difficile da raggiungere in considerazione della situazione politica esistente». Insomma, il decreto Monti è idealmente figlio, secondo il segretario del Pd, del decreto Bersani del 2006. E nel 2006 Daniela Ferrari appoggiava senza se e senza ma il marito in una battaglia assai impopolare nella sua categoria. Era dietro il bancone anche il giorno in cui il 90% dei colleghi della sua città aveva abbassato la saracinesca per protesta contro il testo firmato dal ministro per lo Sviluppo economico. Fra le ragioni della famiglia e quella della categoria, aveva scelto senza esitare per Pier Luigi. Ai cronisti spiegava aggressiva: «Non condivido lo sciopero. Gli altri farmacisti innalzano il loro scudo? Bene, noi innalzeremo la sciabola». Parole definitive, con quel luccichio di lame da duello risorgimentale. E ancora: «La gente potrà trovare sugli scaffali dei supermercati prodotti da banco, parafarmaci, integratori a prezzi più competitivi. Ho già avuto modo di collaudare questo sistema all’estero. E già alcuni supermercati nei dintorni di Piacenza si stanno adeguando».
Avanti. Avanti con le lenzuolate proposte dal consorte. Anche se, la dottoressa Ferrari mitigava la sua irruenza con una punta di ironia: «E sia chiaro, non ho mai dato consigli a mio marito. Figuriamoci, già parliamo poco di questioni private». Non si sa se la coppia si sia scambiata opinioni in questo frangente. Ma Bersani continua la battaglia di allora e i farmacisti insorgono. «Chi ci rimetterà sarà il cittadino - spiega Annarosa Racca, presidente di Federfarma che raccoglie le quasi 17mila farmacia private sparse sul territorio nazionale -, perché prevarrà la logica del business. Se lo vede il 3 per 2 sulla pillola?». In realtà il decreto Monti prevede che un farmacista sia sempre presente dietro il bancone e insomma le medicine non saranno comprate come fossero, con tutto il rispetto, telefonini o detersivi. Ma per Annarosa Racca questo non basta: «Sarà la fine di un vecchio mondo, il farmacista non avrà più una funzione sociale, sarà solo un passacarte dentro luoghi spersonalizzati». Vallo a dire ai coniugi Bersani.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.