Bertinotti esalta la disobbedienza civile

Il subcomandante: «Quello che è vietato oggi può essere accettato domani»

Emanuela Fontana

da Roma

Alleato di Romano Prodi, ma con la «tuta bianca». Nel fronte dell’Unione la giornata di ieri ha fatto registrare una netta sterzata a sinistra di Fausto Bertinotti, candidato «antagonista» alle primarie. Se il Disobbediente Luca Casarini aveva dato l’annuncio, teorizzando domenica la «distruzione dei centri di prima accoglienza» per immigrati con l’abituale linguaggio da Attila che si batte per «un mondo migliore», ieri è arrivato il timbro politico del leader di partito più vicino ai noglobal, per quanto alleato ritrovato di Prodi. Dodici presidenti di Regione accettano l’invito del governatore pugliese Nichi Vendola a partecipare a un forum no-Cpt, per chiedere la chiusura immediata dei centri fatti nascere proprio dal governo dell’Ulivo nel ’98 con la legge Turco-Napolitano, e Bertinotti non solo avalla la loro scelta di uno scontro frontale ma abbraccia le pretese dell’elettorato barricadero. Un ritorno, insomma, ai tempi di Nunzio D’Erme e del letame davanti a casa Berlusconi, delle occupazioni di case a Roma e delle iniziative pittoresche dei Disobbedienti alle manifestazioni di strada, che in un tempo non lontanissimo Bertinotti aveva guardato con affettuosa simpatia.
E così il segretario del Prc, dopo aver discettato di premiership e di alleanze di ferro, torna alla filosofia della resistenza pacifica teorizzata nell’800 da Thoreau, nobilitata da Ghandi e Martin Luther King e riadattata in chiave anti-Mac Donald’s e antimultinazionali dalle Tute bianche e dai disobbedienti di Casarini: «Abbiamo difeso e praticato la disobbedienza civile quando è utile per produrre condizioni di convivenza più avanzata - ha ricordato Bertinotti -. Quello che è vietato oggi può essere accettato domani dallo stesso assetto giuridico del Paese. Per questo abbiamo un’idea completamente diversa della legalità rispetto a quella di Cofferati».
Un colpo al Cinese, uno alla legge sui Cpt che fu approvata proprio durante il governo Prodi e una correzione del Casarini-pensiero: «Il Prc è per una pratica di non-violenza, ma la disobbedienza civile rientra in queste pratiche. Basta rileggersi i testi di Capitini e non di Luca Casarini», ha precisato Bertinotti in un’intervista pubblicata dal sito affaritaliani.it: «La nostra tesi è sì alla disobbedienza e no alla violenza». Disobbedienza che vuol dire «chiudere questa infamia che sono i centri di accoglienza temporanea».
Il segretario di Rifondazione ripercorre il tragitto disobbediente prima dell’avvento dell’alleanza con Prodi, un solco a cui non sembra voler rinunciare. Un atteggiamento in bilico tra legalità e illegalità, comunque diverso dal «diritto» cofferatiano: «A Roma abbiamo lavorato insieme ad Action nell’occupazione di case non abitate per dare un alloggio a chi non ce l’ha. Abbiamo organizzato presidi e occupazioni di fabbriche. Abbiamo fatto manifestazione con occupazioni del suolo pubblico». Fa tutto «parte del movimento operaio», sono «forme di disobbedienza» che possono portare «a un avanzamento del diritto», dice Bertinotti.
Proprio quando arriva l’appoggio del leader del Prc, all’elenco di governatori di centrosinistra che condividono l’appello di Vendola a favore della chiusura dei centri si uniscono le Marche. Il governatore, Gian Mario Spacca, aveva già dato nei giorni scorsi il suo appoggio al collega pugliese e ora conferma la partecipazione al Forum di Bari dell’11: «È necessaria una nuova politica dell’accoglienza», sostiene.
Ormai lo zoccolo duro si allarga, in più c’è la levata di scudi di Casarini e Bertinotti. Dal centrodestra s’inizia a reagire. Il vicesindaco di Milano e senatore di An Riccardo De Corato annuncia due interventi per l’apertura di nuovi Cpt: con una mozione in Senato e con una proposta in giunta a Milano, dove chiederà che sia edificato un centro che si aggiunga a quello già esistente in via Corelli. Un’ipotesi su cui si è detto d’accordo anche il sindaco, Gabriele Albertini: «Sono favorevolissimo a nuovi Cpt, purché siano temporanei».

Dopo il ritorno di Casarini, ultimamente nell’ombra, il dibattito sui Cpt saluta un altro rientro, quello di Vittorio Agnoletto: «La richiesta di apertura di un nuovo Cpt a Milano - attacca l’ex guru del Social Forum - esprime una mentalità razzista, cercando di strumentalizzare lo sgomento che ha attraversato l’opinione pubblica di fronte ai gravi fatti di violenza sessuale avvenuti in questi giorni».

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