da Roma
Prima dei vincoli europei viene la politica e quindi gli esiti del conclave di Caserta. E prima delle ragioni dellUnione europea vengono «gli operai». Se da Romano Prodi sono arrivate poche parole dal tono risentito, i partiti della sinistra radicale hanno respinto senza troppi complimenti il richiamo del commissario agli Affari economici Joaquin Almunia. Contro il commissario Ue, Rifondazione comunista ha giocato la carta più pesante: il presidente della Camera Fausto Bertinotti. «La penalizzazione degli operai», sarebbe «inammissibile», ha detto al Tg1 a proposito della riforma previdenziale. «Cè lUnione europea - ha aggiunto - ma cè anche Mirafiori: non è possibile che di fronte alle critiche dei lavoratori di Mirafiori riempiamo le pagine dei giornali e dopo un mese ce ne dimentichiamo».
Nel merito potrebbe essere un richiamo da poco. Lesclusione dei lavori usuranti dallinnalzamento delletà pensionabile è scontata visto che è condivisa da tutti ed è anche prevista dalla riforma attualmente in vigore, cioè la Maroni che il governo di sinistra vuole superare. Ma il peso delle parole di Bertinotti è tutto politico. Sicuramente perché ha messo il peso della presidenza di Montecitorio nella battaglia contro il rigore economico richiesto dallUe, ma anche perché le sue parole sono arrivate a poca distanza da un nuovo appello di Piero Fassino a fare la riforma e a farla in fretta.
E cioè a chiudere entro il 31 marzo, se non la riforma come nei programmi originari, almeno un accordo con i sindacati. Bisogna «aprire un tavolo di confronto subito tra governo e parti sociali», ha auspicato il segretario Ds. Dalla sua parte, con una forzatura, Fassino ha schierato anche il premier Romano Prodi: «Lo dice Prodi, lo dice Damiano e noi lo faremo da subito». In realtà è stato proprio il presidente del Consiglio a spostare in avanti la scadenza. E in questo Prodi è in totale sintonia con la sinistra radicale. «Come ha detto Prodi, i tempi non sono immediati. Restiamo fedeli a quanto è stato deciso a Caserta», è lavvertimento di Gennaro Migliore, capogruppo di Rifondazione comunista alla Camera, che ha reso ancora più esplicita la bocciatura di Almunia. Il commissario «si è già caratterizzato nel corso di questi mesi, anche durante la discussione sulla Finanziaria, come un attore del dibattito politico italiano, travalicando gli stessi elementi di competenza della sua Commissione». In sostegno di Fassino è andato il segretario dello Sdi Enrico Boselli e Massimo Donadi di Italia dei Valori.
La prospettiva di partire subito con il confronto ha disorientato i sindacati. Non la Uil il cui leader Luigi Angeletti ha replicato a Fassino assicurando che «noi non siamo tra quelli che credono che rinviandoli i problemi si risolvano». Sicuramente lUgl il cui segretario Renata Polverini ha replicato a indiscrezioni che davano un primo incontro governo sindacati già questa settimana, ha auspicato una dicussione «aperta a tutti i soggetti interessati». Non, quindi, come con il Tfr. Nessun commento sui tempi da parte della Cgil, il cui segretario generale Guglielmo Epifani ha comunque chiesto più volte al governo di prendere una posizione unica. Ieri il sindacato di sinistra si è limitato ad attaccare Almunia con toni simili a quelli di Rifondazione: «I nostri conti sono in regola, se abbiamo problemi di bilancio non dipende dalle pensioni». Quelle dellUe «mi sembrano delle sollecitazioni forzose» e poi «stiamo rimettendo a posto i conti, compromessi dal precedente governo», ha spiegato il segretario confederale Morena Piccinini.
Rimane fermo il no di sindacati e sinistra radicale alla revisione dei coefficienti previsti dalla riforma Dini, che porterebbe ad un taglio delle pensioni future. Ma è solo una polemica «penosa», ha commentato Maurizio Sacconi, ex sottosegretario al Welfare.
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