Bertolaso finisce nel tritacarne ma lo convincono a restare

RomaNon si dimette, non ancora. Guido Bertolaso resta al suo posto, al vertice della Protezione civile, nonostante lui stesso abbia detto di aver accarezzato l’idea di lasciare l’incarico, negli ultimi giorni, al culmine di troppe settimane ad alta tensione, tra accuse e sospetti, repliche e conferenze stampa.
L’ultimo chiarimento dopo la pubblicazione di quel lungo «elenco lavori» sequestrato nel 2008 ad Anemone. Una lunga lista di nomi e indirizzi, tra il 2003 e il 2008, in cui il nome del sottosegretario compare in relazione a due case, quella occupata attualmente e un’altra, in via Giulia. «Piccoli lavori, regolarmente pagati», ha tagliato corto Bertolaso. Due sere fa ha incontrato a Palazzo Grazioli Silvio Berlusconi. Appuntamento già programmato, in seguito a una visita all’Aquila, in cui era inevitabile un confronto sulle polemiche degli ultimi tempi. Il premier, pur manifestando un certo disappunto per alcune scelte di comunicazione da parte del capo della Protezione civile a proposito dei suoi rapporti con Anemone, gli ha comunque confermato la propria fiducia. Ieri, poi, Bertolaso si è confrontato con il suo entourage. E alla fine ha deciso che non è ancora il momento di mollare la macchina delle emergenze che ha plasmato negli ultimi anni, con buona pace di chi, Pierluigi Bersani in testa, chiede da giorni e senza mezzi termini le sue dimissioni.
Il momento, di certo, non è dei più facili nella carriera di «mister Emergenza». Ieri, a proposito della seconda casa, quella di via Giulia, è saltata fuori la testimonianza del proprietario, che in un’intervista a Repubblica non conferma la spiegazione data da Bertolaso. Il sottosegretario aveva spiegato di aver vissuto per poco tempo in quell’appartamento «posto nella sue disponibilità da un amico, che non era il costruttore Anemone». Il padrone di casa, Raffaele Curi, attore e regista (ha lavorato tra gli altri con Pingitore e Avati), non è stato lusinghiero nel ricordare quell’inquilino eccellente, ipotizzando anzi strani retroscena. «Non l’ho mai visto in faccia - ha raccontato - il mio interlocutore era un factotum di cui non ricordo il nome». Anche i pagamenti dell’affitto, secondo il regista, che ha rivelato che il contratto era «in nero», «arrivavano solo dopo mille sollecitazioni», e «mi venivano recapitati dal factotum in buste sospette». Tanto da concludere: «Alla luce di tutto quello che leggo sui giornali, mi sorge il dubbio che a pagare fosse Anemone».
Un racconto, come detto, che sembra poco sovrapponibile a quanto dichiarato da Bertolaso a proposito della sua permanenza nell’appartamento all’angolo tra via Giulia e via del Polverone. Ma qualcosa di strano c’è anche in questa versione, un dettaglio che ha colpito anche gli inquirenti. L’annotazione del nome del capo della Protezione civile, associato alla prestigiosa via del centro storico capitolino, nella lista di Anemone è il quinto «intervento» dell’anno 2003. Sette anni fa, dunque, a dar retta a quelle nove pagine sequestrate dalle Fiamme gialle nel corso di un accertamento. Mentre secondo Repubblica il contratto di Bertolaso nella casa al civico 189 di via Giulia risalirebbe ad appena due anni fa.
Una forbice temporale molto vasta, che lascia spazio a dubbi e interrogativi e non aiuta a fare chiarezza. Anche perché nel famoso elenco di Anemone «Bertolaso» e «Via Giulia» appaiono una seconda volta, curiosamente con lo stesso «numero d’ordine», il quinto, ma sempre relativamente a un anno anteriore rispetto al 2008 in cui, secondo il proprietario, Bertolaso avrebbe soggiornato lì, ossia il 2004.
Ci si riferisce dunque a interventi in case diverse o l’incongruenza ha un’altra origine? Gli investigatori dovranno chiarire anche questo. Intanto un altro dei personaggi finiti nella lista chiarisce il suo coinvolgimento. È Publio Fiori.
«La stampa di questi giorni ha pubblicato un elenco dei clienti del ditta Anemone, tra questi compare anche il mio nome», spiega il leader di Rifondazione Dc, ora alleato di Francesco Rutelli.

Ammettendo di aver commissionato lavori all’imprenditore, ma rivendicano la piena trasparenza: «Desidero far presente che da diversi anni io e i miei familiari siamo clienti di imprese, che ritengo facciano riferimento alla ditta Anemone, per lavori di manutenzione. Ditte alle quali abbiamo sempre pagato gli importi stabiliti mediante assegni e dietro presentazione di fatture che sono a disposizione dell’Autorità giudiziaria».

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