Pier Augusto Stagi
Un anno di corsa, in giro per il mondo, tra punzonature, check in e alberghi. Un anno volato via, dalla Sanremo di Petacchi al Lombardia di Paolo Bettini. Fine di una stagione da ricordare, per l'avvio del nuovo circuito dell'Uci Pro Tour, una sorta di Champions league della bicicletta, che racchiude i migliori 20 team del mondo, in un circuito di prim'ordine, e che premia il corridore che sa raccogliere più punti nelle gare che contano. Che poi il primo vincitore della storia sia Danilo Di Luca, italiano di Spoltore, capitano della italianissima Liquigas-Bianchi è un altro motivo di orgoglio.
Tanti nomi, soprattutto tanti cognomi e tanti corridori: vincitori e vinti. Ci affidiamo alla grande esperienza di Felice Gimondi, un nome, un cognome, un corridore vincente del ciclismo passato e un dirigente affermato e stimato del presente, che dall'alto della sua storia dà i voti e i giudizi ai protagonisti di una stagione bella e intensa, pronta a passare agli archivi.
Danilo Di Luca: voto 8. «Ha disputato una stagione fantastica, correndo a grandissimi livelli da febbraio a ottobre. Bravo, bravissimo nelle corse di un giorno (ha vinto la Freccia e l'Amstel Gold Race), bravo nelle corse a tappe (primo ai Paesi Baschi, quarto al Giro, qui merita 10, è stato bellissimo). Se quest'anno è stato meglio Di Luca o il neonato circuito Pro Tour? Meglio Danilo, anche se il Pro Tour ha grandi potenzialità e necessita di qualche piccola correzione. Le mie proposte? Cast di 18 squadre (non 20), con la migliore delle Continentali iscritta di diritto ai Grandi Giri, oltre a tre wild-card».
Paolo Bettini: 7. «In verità il suo finale è da dieci e lode, con un rimpianto Mondiale grande così. Vince Zurigo e il Lombardia e conferma che a Madrid sarebbe stato l'uomo in più, sul quale si è creduto troppo poco. Tanti problemi fisici ad inizio di stagione, ma alla fine Paolo è riuscito a distinguersi. È ormai da considerare un grandissimo: quando l'aspetti, lui c'è».
Alessandro Petacchi: 8. «Ha vinto la Sanremo, quattro tappe al Giro, cinque alla Vuelta, ha vinto come nessun altro in questa stagione (28 vittorie), gli resta una macchia Mondiale, ma non è il caso di tirargli la croce addosso. Capita».
Franco Ballerini: 5. «La disfatta mondiale non è colpa sua, ma come sempre, e fa parte del ruolo, deve prendersi le colpe di tutti. Per quello che ha fatto vedere quest'anno, e nei quattro anni precedenti, è ad ogni modo da confermare: assolutamente».
Damiano Cunego: sv. «Un anno negativo, per mille e più ragioni: un inverno difficile, pieno di impegni; una preparazione forse poco felice; la grande pressione e attesa che c'era su di lui; la fresca paternità; la mononucleosi. Lo voglio rivedere il prossimo anno».
Ivan Basso: 9. «Se non fosse stato male, avrebbe potuto vincere anche il Giro d'Italia. Al Tour è stato grandissimo (2°). Ma quello che più mi è piaciuto di Ivan è stata la sua trasformazione mentale, la sua sicurezza. Con questo non dico che il prossimo anno vincerà facile il Tour, perché non essendoci più Armstrong, la corsa sarà tutta diversa e molto difficile da controllare».
Lance Armstrong: 9. «Grande, grandissimo al Tour. Per il resto: chi l'ha visto?».
Gilberto Simoni: 6. «Volontà di ferro, carattere granitico: ha lottato fino alla fine, come pochi sanno fare. Prende botte, e non abbassa la guardia. Encomiabile».
Jan Ullrich: 4. «Critichiamo Armstrong che fa solo il Tour e lo vince... ».
Erik Zabel: 8. «Lo considerano da anni un pensionato e ogni anno se ne torna a casa con una corsa di prestigio, come la Parigi-Tours. Immenso».
L'Équipe: 4. «Per aver sollevato il caso Armstrong. Per me le gare omologate sono gare finite, archiviate».
Paolo Savoldelli: 8. «È la vera sorpresa di stagione. Dopo due anni infarciti di incidenti e fratture di ogni tipo, Paolo torna a essere un grande corridore quale è. Vince il Giro in pratica da solo e fa l'uomo squadra al Tour per Armstrong, vincendo anche una tappa.
Tom Boonen: 10. «Ha solo 24 anni, e nella stessa stagione si vince, tra l'altro, due tappe al Tour, un Fiandre, una Roubaix e un Mondiale. È belga. Spero che non voglia fare il cannibale: io ne so qualcosa».
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