Bianchi e neri come Shakespeare a Bollate

Andrea Indini

Arriva Shakespeare in bianco e nero. Le lotte degli York e dei Lancaster al carcere di Bollate. All’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, questa sera (ore 21.45), la presentazione del Riccardo III, un film scritto e interpretato da una ventina di studenti dello Iulm.
Bruno Bigoni dirige un cast mai visto prima. C’è, senza dubbio, la verve del bravissimo Bebo Storti. E, accanto a lui, ci sono dei volti assolutamente non noti. Sono i «non attori» del carcere di Bollate, detenuti della Seconda Casa di Reclusione che hanno preso parte a questo progetto. «Sono loro i veri protagonisti di queste storie - spiega il regista -, ogni personaggio del film è stato costruito sulle caratteristiche di ciascun attore».
È il dramma di un uomo che non trovando posto per sé nella realtà decide di costruirsi un personaggio e un palcoscenico in cui mettere in scena se stesso, gli altri e un mondo di guerre, odio e intrighi in cui lui, un Riccardo «deforme, non finito, appena abbozzato» (interpretato da Storti), s’illude di poter vivere a suo agio. «Abbiamo scelto questo testo - continua Bigoni - perché si è dimostrato gravido di sentimenti forti e di potenzialità espressive e metaforiche dell’uomo che vive contro una società che dovrebbe essere fatta di regole e comprensione ma che spesso si trasforma in un enorme campo di battaglia, dove regna solo la sopraffazione del più forte».
Il carcere diventa una corte fatta di regole e comportamenti, intrighi e alleanze, tradimenti e violenze. Ieri i Lancaster e gli York, oggi i bianchi e i neri: tutti contro tutti. L’adattamento del testo e la sceneggiatura sono stati realizzati da un gruppo di 22 studenti dello Iulm. Tre anni di lavoro e di confronto per creare un prodotto unico e coraggioso, capace di reinterpretare il drammaturgo inglese e offrirlo al pubblico sotto vesti completamente nuove.
«A livello cinematografico, l’argomento era già stato più volte sfruttato - spiega Andrea Laudando, uno degli studenti che hanno preso parte al progetto -, ma abbiamo voluto adattare questa storia al nostro mondo per farla rivivere nel contesto carcerario».

Così facendo gli stessi detenuti hanno potuto confrontarsi con il testo shakespeariano studiando caratteri e comportamenti.

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