Biancofiore, la valchiria che vuol tingere d’azzurro l’Alto Adige filotedesco

La coordinatrice di Forza Italia di Bolzano: «Abbiamo 220 iscritti di lingua germanica, ma se non fossimo in Urss sarebbero di più»

Dopo cinque minuti, Micaela Biancofiore è per me un libro aperto. Dieci secondi per abbeverarmene mentre si fa incontro nel suo ufficio di Via dell’Umiltà, sede di Fi. Passo da fenicottero, alta come il vano della porta, giacca e pantaloni neri, giro vita alla Carolina Kostner. Altri dieci secondi per goderla seduta. Una cascata di capelli biondi, occhi grigio-azzurri ritoccati all’orientale, un velo di cipria sul viso cleopatresco. Poi sono knock-out per tre minuti, stordito da questa prorompente femminilità altoatesina. Quando comincio a riprendermi, sento che dice: «Io sono testardaggine e passione. Una passione debordante».
«A che proposito me lo dice?», cerco di riscuotermi.
«Mi ha appena chiesto quali sono le mie caratteristiche», si stupisce.
«Ah, già. Quali sono?», ripeto intontito.
«Io bollo. Quando sono in assetto da combattimento, non sono così paciosa come sembro», incrocia le gambe e abbraccia le ginocchia per scaricare energie in eccesso.
«Non sembra affatto paciosa».
«Sopporto poco, ma veramente poco, l’ingiustizia. La mia missione in Alto Adige è garantire gli stessi diritti ai gruppi italiano e tedesco, l’uno mortificato, l’altro onnipotente. Si sta male quando si assiste, come succede da noi, allo svilimento della propria patria», dice con impeto. Mi accorgo che, travolto dalle grazie dell’interlocutrice, ho dimenticato di dire che Biancofiore è da un anno la coordinatrice di Fi per la Provincia di Bolzano. Nata nel capoluogo 35 anni fa, papà pugliese, mamma romana, Micaela è il tipico italiano dell’Alto Adige. Ha trascorso lì la vita e parla tedesco. Ma è apolide: i ceppi impuri da cui proviene ne fanno un’estranea per la maggioranza germanofona.
«Mio papà, cancelliere capo del tribunale di Bolzano, è morto quando avevo 12 anni. Qualche tempo dopo, mamma è tornata a Roma. La diaspora degli italiani è continua. Si sta ritedeschizzando anche Bolzano, città in cui eravamo maggioritari. È la triste realtà che io combatto tutti i giorni», dice completando la sua presentazione. Fanno cinque minuti esatti che sono entrato nella sua stanzetta tre per tre e Micaela è ormai un libro aperto. Combattiva, schietta, dice più di quanto vorrebbe, se ne pente, prega: «Non scriva, ma è la sacrosanta verità», e continua a dire e a pentirsi.
«Ha fama di stakanovista», dico.
«Vivo tre giorni a Roma, quattro a Bolzano. Al lavoro dalle 8 alle 22. Così da 12 anni, da quando nel '94 mi sono iscritta a Fi. Senza padre, mi sono dovuta fare da sola».
«Niente fidanzato».
«Purtroppo se si è occupati come me, non è facile incontrare il principe azzurro. Il mio ex diceva di sentirsi fidanzato col telefono. Inoltre, è sempre più difficile trovare uomini strutturati».
«Strutturati?».
«Con senso di responsabilità, che vogliano farsi una famiglia. Va bene stare insieme prima di sposarsi, ma sono tradizionalista e deve finire col matrimonio».
«Cosa portano le donne in politica di così prezioso da dovergli garantire le quote rosa?».
«Sono contrarissima alle quote. Io vengo da una provincia che ha le gabbie etniche e non posso pensare a altri recinti. Vero però che le donne in politica sono poche, ma poche vogliono applicarsi. Peccato. Le donne hanno principi fermi, una naturale forza d’animo, rifiutano compromessi».
«Parla di sé?».
«In politica, è il cuore che fa la differenza. Se si crede in un obiettivo, si arriva alla vittoria».
«Vedo che ha fatto un altarino al suo scopritore» e indico sullo scrittoio una foto di Franco Frattini attorniata da fiori di stoffa.
«Primo a darmi fiducia è stato Giancarlo Innocenzi, coordinatore regionale nel '94. Nel '96, mi passò a Frattini che si era candidato a Bolzano per la Camera. Gli ho fatto da consulente per l’Alto Adige e l’ho seguito alla Farnesina quando è stato ministro degli Esteri. Sono anche molto legata a Sandro Bondi che mi ha fatto crescere e mi ha politicamente adottata», dice Micaela con orgoglio per i nobili lombi da cui discende.
«Cos’era prima di Fi?».
«Come tutti gli italiani in Alto Adige, votavo An. Ma sono una liberale di destra, attratta dall’uomo Berlusconi fin da ragazza, già prima che entrasse in politica», dice sognante.
«Ne parla come fosse una star».
«Quelli della mia età sono cresciuti con le tv di Mediaset. Siamo la Berlusconi generation. Appena apparsi in tv gli spot dei Club di Fi, mi sono iscritta».
«Forzista antemarcia».
«Quando studiavo qui a Roma all’università, facevo comizi per Berlusconi a San Lorenzo, il quartiere di sinistra accanto alla Sapienza. Ero già convinta che fosse l’unico a potere cambiare l’Italia. Tanto più se non avesse avuto la zavorra degli alleati», dice con un inquietante balenio degli occhi grigi diretto a Fini e Casini.
«In che si è laureata?», chiedo.
«Studiavo legge, poi la politica mi ha assorbita. Mi mancano sei esami. Conto di finire entro il 2006».
«Coraggio, Di Pietro li ha fatti tutti in un anno», dico.
«Se mi abbina con Di Pietro, smetto l’intervista», dice, accusando un vero malessere di cui profitto per metterla alle strette.
Difficile divulgare il verbo del Cav in una zona a maggioranza tedesca?
«Sì, perché Svp usa strumentalmente l’argomento dell’alleanza di Berlusconi con An. Ci chiama postfascisti anche noi di Fi».
La Svp è onnipotente?
«Ha il tallone sulla Provincia che, come dice l’Obmann, Durnwalder, è la maggiore azienda dell’Alto Adige: 44mila dipendenti pubblici per 400mila abitanti. Contro i 3000 della Lombardia per cinque milioni di cittadini».
A maggio scorso, la Cdl vinse le amministrative di Bolzano. Poi, per impossibilità di fare la giunta, si è rivotato a novembre e la Cdl è stata sconfitta. Un rovesciamento in cinque mesi?
«Non è stato un rovesciamento, tanto che noi di Fi abbiamo aumentato i voti. È successo che a novembre, l’Udc ha fatto il salto della quaglia passando con Svp e sinistra».
Lei non previde la sconfitta.
«Non abbiamo saputo far capire agli italiani che era l’ultima spiaggia. Molti non hanno votato, sentendosi presi in giro perché in maggio si erano già espressi chiaramente per il sindaco Cdl».
Com’è stato tollerabile che l’alleato Udc votasse con gli altri?
«È imperdonabile. Ho tolto il saluto al segretario Udc, Silvano Baratta».
Il gentiluomo che ci ha guadagnato?
«La presidenza del consiglio comunale. Il guaio degli italiani di sinistra è che accettano le briciole della Svp. Se facessimo muro, avremmo molto più potere».
Come andrà Fi alle politiche da voi?
«Tendenza sicuramente buona. Penso che nel proporzionale per la Camera, passeremo da uno a due deputati. Incerto il Senato, dove da noi si vota ancora col maggioritario».
La stampa locale vi appoggia?
«Totalmente contraria. L’Alto Adige è del gruppo Espresso. Il Dolomiten è la Pravda».
Ci sono sudtirolesi di lingua tedesca che votano Fi?
«Vari imprenditori votano sicuramente Berlusconi. Alle elezioni politiche aumentiamo di circa diecimila voti e sono certamente loro. Abbiamo inoltre 220 iscritti di lingua tedesca. Sarebbero molti di più, se non fossimo in Urss».
Cioè?
«Avevo una giovane alter ego di lingua tedesca, Heidi Oberjakober di Bressanone, che si era candidata con noi alle provinciali 2003. Ha dovuto lasciare per le minacce e gli insulti. Se si fosse candidata coi Ds, le sarebbe andata meglio. Ora si è ritirata dalla politica, non osa più fare».
Come spiega agli elettori la mancata diminuzione delle tasse?
«Spiego che, in realtà, le tasse sono diminuite. Che nella prossima legislatura porteremo le aliquote al 23 e 33 e aboliremo l’Irap. Che la Cgil ha già chiesto più tasse e che Prodi si è detto d’accordo».
Le piace la campagna elettorale all’attacco del Cav?
«Moltissimo. Così lo vuole la gente, alla riscossa. La cosa più bella in lui, è che ha instaurato un dialogo diretto col popolo. Nessuno prima lo aveva saputo fare».
Vede anche lei in giro tanti comunisti come lui?
«Dalle mie parti siamo strapieni. Non con la falce e il martello, ma con quello che Berlusconi intende per comunismo: l’omertà, l’occupazione della società, la paura di essere tagliati fuori. Come nelle Regioni rosse e in Alto Adige dove dei dc di sinistra applicano le regole Urss».
Che pensa del Cav come politico?
«Grandissimo innovatore. Passione pura. Genio e imprevedibiltà. Fa il contrario dell’atteso e trova sempre la soluzione. Ha il carisma che in Italia non ha nessuno».
Non esagera?
«Conosce Renzo Lusetti della Margherita?».
Lo vedo in tv scatenato contro il Cav.
«A me ha detto: “Se ogni famiglia italiana accogliesse una sera in casa Berlusconi, col suo carisma e le sue doti umane, nessun altro politico prenderebbe più un voto”».
Se lo dice Lusetti.
«Berlusconi ha dolcezza... no, è limitativo... una cortesia umana, un’educazione unica. È umile, molto umile. Sempre pronto a mettersi a disposizione di chiunque».
Di Romano Prodi che idea si è fatta?
«La peggiore. Anche per il livore delle sue osservazioni.

Pensano mai quelli là, che Berlusconi è un uomo e quanto può soffrire per le parole di odio contro di lui? E si dicono cattolici!».
Se vince, Prodi avrà la tentazione di vendicarsi sul Cav?
«Si sa che è vendicativo. Ma non avrà il tempo. Dopo un anno, dovrà andare a casa».

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