Dal Biasotti terzo ai flirt con i comitati, tutte le cause di una sconfitta

(...) L’essere parlamentare, con il paracadute incorporato, è un handicap insormontabile, praticamente sempre. È stato bocciato Rutelli a Roma, è stata bocciata la Finocchiaro in Sicilia, sono stati bocciati persino Castelli a Lecco e Brunetta a Venezia. Quelli che ci provano, ma che comunque vada cadono in piedi, in genere non fanno impazzire gli elettori. E questo ragionamento vale in particolare per gli elettori liguri.
L’eccezione era stato Burlando la volta scorsa, ma solo perchè aveva corso dicendo che, comunque, avrebbe lasciato Roma. Invece, Sandro, legittimamente, ha detto che lui resterà a Roma già in campagna elettorale. E gli elettori, forse, non l’hanno apprezzato. Come, a mio parere, avrebbero apprezzato una campagna elettorale tutta basata sull’«uomo che per amore della Liguria ha lasciato la poltrona a Roma», se si fosse dimesso prima. Magari non bastava comunque per vincere. Magari.
Biasotti ha deciso diversamente, motivando ampiamente la sua scelta sull’importanza dei rapporti romani, e va assolutamente bene così. Ci mancherebbe altro che dovesse renderne conto a me.
Poi, certo, resta da analizzare il buco nero di Genova. Al di là delle ottime affermazioni personali di consiglieri che hanno lavorato benissimo per la città, come Matteo Rosso e Raffaella Della Bianca (anche se dispiace davvero per Gianni Plinio, uno che andrà recuperato in ogni modo), il risultato in città è da pianto.
Soprattutto - di fronte a dati regionali del Pdl che sono positivi e a dati sulla coalizione che fanno registrare anche risultati inattesi come la vittoria di Albenga che da ieri ha come sindaco la leghista Rosi Guarnieri o importanti conferme come la provincia di Imperia, ai top nazionali - è un pianto da tragedia greca il risultato di Genova. Che non beneficia in alcun modo del tanto sbandierato «effetto Vincenzi», la scontentezza (reale e giustificata) nei confronti dell’amministrazione comunale, che avrebbe dovuto fare volare l’opposizione. Ma quando mai! Ma quale volo? Qui siamo rasoterra.
I motivi sono molteplici. A mio parere, uno su tutti. Per l’ennesima volta, il centrodestra perde tempo ed energie a rincorrere comitati e comitatini. Gente che, poi, alla prova dei fatti rappresenta solo se stessa e forse nemmeno la propria famiglia. La battaglia contro la moschea al Lagaccio (giusta, per motivi urbanistici e territoriali) è diventata a tratti una guerra di religione contro le moschee in generale. Ma, in questo modo, ha portato voti solo alla Lega, peraltro cannibalizzati al Pdl.
Oppure, il no alla busvia in Valbisagno, magari giustissimo dal punto di vista dei residenti, ma strumentalizzato e trasformato in argomento delle ultime ore di campagna elettorale. O, ancora, il «no» aprioristico alla gronda espresso in televisione da alcuni esponenti di spicco del Pdl, poi fortunatamente corretto in corso d’opera.
Una forza di governo, che ha un programma alternativo di città rispetto a quello della Vincenzi e della sinistra, non può diventare lo sfogatoio di tutte le proteste. Che, fra l’altro, come è stato dimostrato anche dai risultati elettorali non premiano neppure. Non ho mai visto un comitato che fa vincere il centrodestra. Ma su, un po’ di serietà!
Ultimo punto. Credo che il risultato della Lega sia ottimo se parametrato alle scorse regionali, ma molto deludente in assoluto. Forse anche perchè dietro a Bruzzone, Rixi e Agostino a Chiavari, manca una classe dirigente degna di questo nome. Mancano i Cota, gli Zaia e anche i Calderoli. Manca, insomma, l’ultima generazione leghista.

Ed è stato possibile leggere un volantino in cui un candidato del Carroccio alle regionali scriveva: «Grazie a sinistre e interferenze cattoliche: vu cumprà? vu stuprà? vu lavà? vu sballà? vu papà lu pizzo? vu ciulà?».
Ecco, così non si vince.

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