Bilanci in rosso e amanti costose: la guerra del Barça

Prima erano amici, magari non grandi ma Joan Laporta senza Sandro Rosell non sarebbe mai diventato presidente del Barcellona. E senza Laporta, Rosell non sarebbe arrivato dove è arrivato, presidente del Barcellona.
Ci sono di mezzo soldi, tanti, prestigio, perfino donne, potere e ancora tanti soldi.
«Voglio vedere come farete a dimostrare che ho speso tutti quei milioni in jet privati, ristoranti e vacanze - ha accusato Laporta -. E altri ancora per la mia sicurezza personale e infine che il Barcellona pagava l’appartamento di una mia amante. Dimostratelo. E chi dovrebbe riuscirci secondo voi, Rosell? Quello è meno catalano di me, non sentite che fa le conferenze stampa in spagnolo?». Siamo alle cattiverie serie perché se non sei nato a Barcellona e se non ti senti catalano dentro, da queste parti sei praticamente morto.
L’avvocato Joan Laporta si sente circondato alla vigilia delle elezioni per la carica di «Presidente della Generalitat», ovvero governatore della Catalogna, sfida elettorale che vuole vincere da leader del partito indipendentista Solidaritat Catalana. E Sandro Rosell per appoggiarne la scalata politica lo trascina in tribunale assieme a tutto l’ex Direttivo del club, spalmando una cementata sui poster elettorali del vecchio socio.
Si stanno prendendo per i capelli in una rissa da bar da 80 milioni, quelli che secondo Rosell sarebbero stati dilapidati da Laporta, anche se sono niente al confronto degli oltre 400 di debito che attanagliano il Barcellona. Una situazione che sì è lentamente invelenita e ha ricevuto un’accelerazione quando ieri i soci del club hanno votato la mozione per il procedimento contro Laporta, 468 a favore dell’azione legale, 439 contrari, maggioranza relativa. Ci sono state anche 113 schede bianche fra cui quella di Rosell che ha tentato un modo elegante per lasciar credere di lavarsene le mani. Ma il motore è lui, una rivincita dopo la lite con Laporta che portò al suo allontanamento dal «club che è molto più di un club». Politica e calcio per regolare vecchi conti. Rosell era molto più di un braccio destro per Laporta fin quando sentì che era arrivato il momento di scavalcarlo promettendo l’arrivo di David Beckham. Che invece firmò per il Madrid. Una sciabolata dalla quale gli sono accorsi sette anni per riprendersi, era il 2003. E Laporta non fece niente per salvarlo da quella vergogna. Adesso è arrivato il momento della vendetta: «Solo nell’ultimo esercizio Joan Laporta ha fatto perdere al club 77 milioni conducendo il suo mandato in modo dissennato - ha dichiarato Rosell davanti a una assemblea di 1187 soci ammutoliti -. Abbiamo 430 milioni di debiti, raddoppiati negli ultimi due anni nonostante le entrate siano aumentate dell’8 per cento, ho affidato l’analisi dei conti alla Kpmg». Che ha ribaltato il borsellino di Laporta: quasi un milione speso in biglietti omaggio per il concerto degli U2, le Final Four di basket a Parigi e la finale Champions a Roma. L’affare Ibrahimovic il peggiore della storia del club, con 8 milioni girati all’agente Mino Raiola e una perdita secca di 40 milioni sul mercato. La Kmpg non si è fermata a Laporta e ha scoperto un ammanco di 53mila euro in locali poco eleganti spesi da una bodyguard che esibiva una carta di credito intestata al club. «Laporta in tribunale - ha detto enfaticamente Rosell - è la decisione più importante presa dal Barcellona in tutta la sua storia».
Laporta è in un angolo ma non può mostrarsi in difficoltà e ha accusato Rosell di aver manipolato i conti della scorsa stagione chiusa, a suo dire, con un utile di 11 milioni: «Sta facendo un gioco sporco, a nessuno sfugge che i suoi attacchi hanno a che fare con le mie aspirazioni politiche. Lui sta praticando la formula che diffamando, a quella persona qualcosa rimane sempre attaccato.

La mia gestione invece è stata impeccabile e ha prodotto il miglior Barcellona di sempre. Fa il gioco sporco di un ben precisato partito, le elezioni sono il 29 novembre. Ma non è lui la mente, lui non è mai stato un numero uno».

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