Bill Sali, il politico dell’Idaho con il programma più folle

Vuole un muro contro l’immigrazione, proibire la lingua spagnola, abolire le tasse, chiudere le scuole e dare un’arma a ogni cittadino

Giuseppe De Bellis

nostro inviato a New York

Per trovarlo bisogna andare lontano, superare il passaggio a nord-ovest, scendere in una prateria e bussare alla sua porta. Non è detto che Bill Sali abbia voglia di aprire. Lui non parla se non sei un madrelingua inglese: «Non capisco perché si debba dare la possibilità a chi viene qui di parlare la propria lingua». L’ha scritto anche sul suo programma, per paura che il concetto non fosse chiaro. E uno qui già si potrebbe fermare: il Paese delle libertà davanti a lui si blocca. O piange o ride: è il politico più folle d’America, ha messo le crocette sulle idee più strane che la campagna elettorale potesse proporre. Educazione, immigrazione, sanità, economia, tasse. Il progetto politico di questo signore brizzolato è complesso, ma maledettamente semplice: «Le scuole chiudiamole, le tasse aboliamole, lo Stato cancelliamolo, alziamo un muro per tutti gli stranieri». Tira dritto, senza pensare se è scorretto o no. Conosce la sua gente e tra due giorni Bill saprà se è stato in grado di convincere i suoi elettori: allora avrà preso un seggio del Congresso a Washington.
Ha fatto una campagna unica, Sali. Contro i democratici, ovviamente. Perché lui è un repubblicano di quelli tosti. Ma si è trovato prima a combattere il nemico interno: nelle primarie ha sconfitto il rivale Bruce Newcomb. In ballo c’era la nomination alla gara contro Larry Grant per il collegio dell’Idaho 1. Sali ha vinto, e invece di trovarsi il partito tutto schierato per portarlo al Congresso, ha visto alzarsi le barricate intorno a lui: «Meglio votare i liberal che fare la campagna per lui». Newcomb è stato bruciato, e ci poteva anche stare un po’ di risentimento. Poi era anche il deputato uscente, ci teneva a ricandidarsi. E allora si può aggiungere la frustrazione di essere stato escluso. Solo che la cosa è andata oltre. Sgambetti e insulti: «Bill Sali non è altro che un fottuto idiota».
L’odio ha superato il limite, così Newcomb ha fondato il gruppo attivista «Republicans for Grant». L’appoggio ai democratici è arrivato per la crisi di rigetto provocata da Sali. Colpa delle sue idee, forse. Ma soprattutto delle persone che gli sono dietro e che l’hanno finanziato: «Club for Growth», un’associazione iperliberista che si batte per la radicale riduzione delle tasse e l’abolizione dell’intervento pubblico nella società. Newcomb dall’organizzazione non ha avuto un centesimo, e quando ha perso ha deciso di giocare tutto quello che aveva contro l’uomo che l’aveva battuto. Allora ha scritto: «Mi dispiace che sia un democratico, ma devo dire che Larry Grant è una persona decisamente migliore di Bill Sali».
Non si sa se servirà. Sali può essere eletto: l’Idaho che lo ha scelto come candidato repubblicano è uno degli Stati più conservatori d’America, e per votare democratico deve davvero sforzarsi. Bill gli promette impegno e l’appoggio del vice-presidente Dick Cheney. Bush si è tenuto alla larga, perché il futuro congressman Sali è un tipo che può mettere nei guai. Difende a oltranza gli interessi dell’industria delle armi: «Noi politici dovremmo garantire che ogni cittadino americano possieda una pistola».
Poi la storia della scuola: non è questione di pubblica o privata, lui la combatte come istituzione. Per Bill andrebbe chiusa per lasciare spazio alla Home School, cioè il diritto delle famiglie di istruire i figli in casa. Lui di ragazzi ne ha cresciuti sei, e nessuno di loro si è mai avvicinato a una classe o a una lavagna: gli insegnanti sono arrivati a casa loro, scelti dal papà. L’altra fissazione è l’inglese: «Proporrò una legge per nominarla unica lingua d’America». Il senso è questo: i latini devono smetterla di parlare in spagnolo, anche tra loro. Inglese e basta. Per chi trasgredisce, multa. E Sali arriva dritto all’altro punto: l’immigrazione. «Non c’è posto per tutti, anche se siamo un Paese grande. Cominciamo a vietare gli ingressi anche di quelli che lavorano».
Però non è cattivo, Bill. Per trovarsi il suo spazio ha dovuto puntare su qualcosa di forte. In Idaho se lo poteva permettere. Perché quello è lo Stato che elegge Mike Crapo, ovvero mister cento per cento. Due anni fa, quando questo senatore fu rieletto, giocò la partita da solo: i democratici non candidarono nessuno perché tanto la corsa era già persa. Crapo fu rieletto con un plebiscito: 99,99%. C’era una manciata di schede bianche. Amato dai suoi elettori, il senatore fu l’uomo che per primo chiese l’impeachment per Clinton per il Sexgate. Dalle sue parti Crapo è una certezza. In Idaho sono fatti così: concreti e spicci.

Sono fatti in modo che Greenleaf, un paese di 860 persone, sta per diventare la prima città americana a obbligare ogni abitante a possedere un’arma da fuoco. Il progetto di legge è in consiglio comunale e sta per essere approvato. Bill Sali è d’accordo. L’idea per la campagna elettorale gli è venuta a Greenleaf: 860 voti possono fare la differenza.

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