Bimba come un cane E' solo il triste simbolo di un’Italia incapace...

Choc a Bari: sette anni, figlia di genitori problematici, la piccola non parla ma abbaia. Assistenti sociali e scuola non l’hanno aiutata. La piccola ora vice in una casa famiglia e si esprime a gesti. E il pm non trova colpevoli...

Bimba come un cane  
E' solo il triste simbolo  
di un’Italia incapace...

Il magistrato si è arreso. Ha fallito anche lui. La bimba, nove anni, non sa ancora parlare. E non può sporgere denuncia. Senza denuncia non si possono perseguire i genitori per il reato di abbandono di minori. Dunque, ha deciso il pm della Procura di Bari Angela Borea, archiviamo. Mancano le prove. Mancano i capi d’imputazione e gli indagati. A giorni si pronuncerà il giudice per le indagini preliminari. E si aspetta, ancora increduli. Intanto un fatto è certo: l’archiviazione sarebbe la certificazione definitiva del fallimento, un’autodenuncia d’impotenza del sistema giudiziario. Dei magistrati. Ma nella raccapricciante storia che ha per protagonista una disgraziata famiglia del quartiere Carrassi di Bari, il fallimento del tribunale è solo l’ultimo in ordine di tempo. Prima del magistrato, infatti, hanno fallito assistenti sociali, psicologi e maestri. Una débâcle senz’appello di tutte le istituzioni dello Stato: scuola, servizi sociali, magistratura. Il fallimento di un’intera comunità. Solo così si spiega la storia di degrado e abbandono che stiamo per raccontarvi. Una storia raggelante. Rimasta confinata in ambito locale e venuta alla ribalta dei media nazionali solo ora che il Pm della Procura di Bari ha deciso per l’archiviazione. Perché si sa, quando manca il delittaccio che sfruculia morbosità e audience, telecamere e reporter non si scomodano. Una storia incredibile nell’Italia del Terzo millennio, che è un atto d’accusa contro tutte le istituzioni. E, in un certo senso, contro tutti noi senza troppe distinzioni, che queste istituzioni abbiamo prodotto.

Ora la bambina ha nove anni, vive in una casa famiglia, va a scuola e mangia seduta a tavola. Ma anche adesso, come quando fu trovata nell’ottobre del 2009, non sa parlare. Si esprime a gesti. Mima la violenza subita. Chissà per quanto tempo e da chi. Sono i suoi stessi genitori a dare l’allarme. Non trovano più la loro figlia, pensano sia scappata. Chiamano il 112 e il 113. Il papà, 57 anni, è invalido civile, disoccupato e privo di reddito. La mamma, 46 anni, ha problemi psichici e una piccola pensione con la quale non riesce a mantenere la famiglia. Quando arrivano gli uomini del Pronto intervento sono costretti ad avviare le ricerche a lume di candela perché la luce elettrica è stata tagliata causa morosità.

I genitori non sanno descrivere la figlia, né ricordano che abiti indossi. Alla fine la bimba viene trovata dentro un armadio. Addormentata vicino al suo cagnolino. In mezzo a escrementi, materassi sporchi, avanzi di rifiuti. Ma lo scenario si fa ancora più sconvolgente quando gli uomini del 113 cercano di farsi raccontare i fatti. La bambina non parla. Abbaia. Si comporta come il suo cane, l’essere vivente che le è stato più vicino. Anche lei mangia da una ciotola posata sul pavimento. Non è difficile immaginare lo sconcerto che avrà colpito i soccorritori. Mentre è inspiegabile il comportamento degli addetti ai servizi sociali e d’igiene mentale che già assistevano la famiglia con visite qundicinali nell’appartamento dei Carrassi. Possibile non si fossero accorti di nulla? E se sì, perché non hanno tolto la bambina ai genitori? Ci vorranno delle risposte su questo. E si attendono risposte anche dall’istituzione scolastica. Aveva contezza dell’esistenza di questa bambina? Si è mai accorta della sua assenza? È successo a Bari, una delle città più moderne del Mezzogiorno. Non nella campagna sottoproletaria di Avetrana.
Dopo il ritrovamento la bambina è stata ricoverata in ospedale per sospetta scabbia e pidocchi. Infine affidata a una casa famiglia, dove vive tuttora. Ma dove ancora non ha imparato ad articolare le parole.

Secondo le indagini avrebbe anche subito abusi sessuali. Ma sebbene mimi quei gesti e s’intuiscano riferimenti sessuali, non c’è modo di dimostrare la violenza perché mancano le lesioni che possano provarla. È per questo che, con atteggiamento pilatesco, la Procura di Bari ha deciso di gettare la spugna. Vedremo se il gip metterà il timbro sul fallimento. «Davanti a ciò che la bambina ha patito non devono esistere limitazioni o prescrizioni di sorta» intima Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori.

Che suggerisce: «Se la piccolina è incapace di esprimersi, il caso rimanga comunque aperto, in attesa che possa essere messa in condizioni di rendere intelligibile la propria esposizione» ha concluso. Prima di chiedere l’intervento di Napolitano nelle sue funzioni di presidente del Csm.

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