
"C'è una bambina di sette anni sparita da un anno, non so neanche se è viva". Il tatuatissimo ragazzo di origine meridionale ci mostra il telefonino e si rimette gli occhiali da sole per nascondere i suoi occhi lucidi, sua figlia è stata portata via dalla madre di origine caraibica dal paesino del Pavese dove abitava, lei e il nuovo compagno il primo agosto dell'anno scorso sono scappati in macchina in un Paese europeo, le tracce digitali dei carabinieri - innescati dalla denuncia per "inosservanza ai provvedimenti del giudice", poi diventata con le successive integrazioni "sottrazione di minore aggravata" e infine "sequestro" - lo scorso aprile li collocano in un'area circoscritta grazie a un paio di operazioni bancomat, un bonifico e poco più. Da allora nessuna notizia ufficiale, niente. "Così è difficile vivere o lavorare, il mio pensiero è sempre lì, a mia figlia...".
Dal bar della stazione del Paese che fino a qualche settimana fa era affollata dai pendolari per Milano, passiamo davanti la loro ex casa, in affitto dal Comune per poche decine di euro al mese. È chiusa da un anno, nessuno ha le chiavi, presto verrà liberata perché da queste parti la crisi abitativa morde. Dalla buca spunta un malloppo di lettere, "dentro ci sono ancora le cose di mia nipote", ci dice la nonna della bimba, che a settembre dovrebbe frequentare la prima elementare in un Paese straniero per lei, "deve imparare a leggere e scrivere, come farà?", si chiede con una dignità invidiabile. C'è un misto di dolore e smarrimento in questa famiglia rispetto all'attività della Procura di Pavia, che finora ha certamente portato a casa importanti risultati. Complice un balletto del fascicolo tra maternità, ferie e caso Garlasco, però gli sforzi degli inquirenti nella ricerca della bambina appaiono sfumati, nonostante il pressing del giudice civile che si è occupato della vicenda e che aveva capito che la mamma - che ha una ragazza ormai maggiorenne da un altro matrimonio, rimasta in Italia - non era così affidabile, tanto che aveva nominato un tutore e chiesto ai servizi sociali di offrire i propri spazi per gli incontri.
È proprio un mancato appuntamento del luglio di un anno fa ad aver fatto scattare l'allarme. La donna in passato aveva anche denunciato il padre della bambina, accusandolo di aver violentato l'altra figlia (all'epoca minorenne). Ne era nato un procedimento penale dal quale l'uomo era uscito indenne perché la versione della donna è stata prontamente smontata in aula, come anche le ipotesi di maltrattamenti in famiglia alle quali avrebbe assistito l'ex suocera. L'unica, assieme alla sorellastra e (forse) a una vicina di casa, a sapere la verità. Durante una delle udienze la ragazza di origine caraibica era arrivata persino a minacciare la giudice e il suo ex compagno per il mancato affidamento esclusivo.
La segretezza delle indagini certamente in corso non aiuta i familiari ad avere le risposte che si vorrebbero, il silenzio del Comune e degli assistenti sociali a cui è stata sottratta la bambina in
custodia aumenta il dolore e il rammarico. "Ma la fiducia negli inquirenti è massima", dice la nonna, impaziente come tutti di riabbracciare la nipotina e di accoglierla nella sua casa, dove c'è una stanzetta che la aspetta.