RomaVivere da schiavo a sei anni, con un carceriere grande appena due anni di più. Compagni di Playstation? Macché, aguzzino e vittima. Questultima è un piccolo romeno strappato dalle braccia della mamma in patria, affidato dapprima a una nonna indifferente, poi portato in Italia dal padre come merce da contrabbandare: e qui affidato alle «cure» del figlio della convivente delluomo, incaricato di picchiarlo con la cintura dei pantaloni oppure sbattendogli la testa contro il muro. Gli faceva ancora più paura urlandogli che lui era lo «chef dei mostri» e che gliene avrebbe mandato qualcuno se non avesse obbedito. E la mamma, 32 anni, venuta in Italia a cercarlo, era costretta a pagare un «pizzo» che andava dagli 800 ai 1000 euro alluomo e alla sua convivente assetata di soldi, per vederlo.
Lunica stilla di normalità concessa al bambino era la scuola, di Roma, che frequentava insieme al suo carceriere. La sua salvezza: perché la preside della scuola elementare ha capito che cera qualcosa che non andava, ha fatto qualche indagine e ha aiutato la polizia municipale a individuare la prigione di Sonnino, in provincia di Latina. Il blitz lo scorso 28 aprile. I vigili capitolini del progetto integrato sicurezza sociale, diretti dal comandante Antonio Di Maggio hanno suonato alla porta e hanno scoperto la stanza dove il piccolo romeno - minuto, cresciuto poco probabilmente perché male alimentato, capelli mori, carnagione chiara e occhi azzurri, carattere dolcissimo - viveva con la sola compagnia di un cagnolino e con i pasti portati due volte al giorno da una romena. Del padre e della sua convivente nessuna traccia: erano tornati in Romania. E ieri finalmente larresto delluomo, nel frattempo tornato in Italia: è un romeno di 35 anni, già condannato lo scorso anno e latitante tra lItalia e la Romania in questi mesi. Luomo era nascosto in un casale a Cinecittà, periferia est della capitale, che viveva di espedienti e dei soldi spillati fino allultimo alla mamma del piccolo con minacce e promesse mai realizzate. «In Romania - dice la donna, che è scoppiata in lacrime dopo la liberazione - nessuno mi ha aiutato, né il tribunale né lavvocato. In Italia ho trovato chi mi ha ascoltato e mi ha sostenuto». Ma la gioia convive ancora con lansia: «Ho ancora paura, non voglio perdere ancora mio figlio. È un bambino bravo, a scuola va bene, e ora è sereno». La cattura delluomo le era stata annunciata da un sogno premonitore: «Ho sognato che la polizia mi rincorreva, mi sono svegliata e la macchina degli agenti che accompagnano a scuola mio figlio non cera, ho avuto paura ma poi è arrivata la telefonata dellagente Sergio che mi ha detto: labbiamo preso». E lui, il piccolo, fa progetti.
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