Il mercato mondiale dell'energia è ancora dominato dalle di fonti fossili (petrolio, gas e carbone) per l'80% della domanda totale. Le fonti bioenergetiche (legna, prodotti e scarti delle coltivazioni, rifiuti, ecc) coprono oggi solo il 10% del fabbisogno.
E' uno scenario destinato a mutare presto. La crescita della domanda si salda con la preoccupazione per la dipendenza da aree instabili, l'ambiente e la disponibilità a lungo termine e a prezzi accessibili delle fonti fossili. L'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) stima un aumento della domanda di energia al 2030 pari al 40% (1,5% annuo), sulla spinta dei paesi in via di sviluppo, Cina e India in particolare, con un aumento delle emissioni di gas serra del 40% e un innalzamento della temperatura media di 6 C°.
Consumi di energia ed emissioni: trasporti al top
I trasporti dipendono per il 94% dal petrolio e assorbono il 57% della domanda. La già citata IEA prevede che il 97% dell'incremento di consumi petroliferi al 2030 (fino a 105 milioni di barili/giorno) sarà generato dai trasporti; e che il miglioramento dell'efficienza dei veicoli non potrà compensare gli effetti della motorizzazione dei paesi in via di sviluppo. E poi ci sono le criticità ambientali: dai trasporti viene il 25% delle emissioni di gas serra.
La diffusione di veicoli elettrici e plug-in hybrid, non basta. Le migliori opportunità per ridurre le attese tensioni sui mercati e l'impatto ambientale vengono dai biocarburanti
I biocarburanti: la nuova frontiera
I biocarburanti sono composti idrocarburici per autotrazione, prodotti da materie prime di origine vegetale o animale. Ce ne sono di due tipi: il biodiesel, miscelabile con il gasolio e producibile da oli di scarto, grassi animali e oli vegetali (palma, girasole e colza) e il bioetanolo, prodotto da materie prime vegetali e analogo alla benzina.
Nel 2009 sono stati prodotti circa 20 miliardi di litri di biodiesel e 74 miliardi di litri di bioetanolo. Gli USA sono il primo produttore di bioetanolo (40 miliardi di litri), seguiti dal Brasile (25 miliardi). L'Unione Europea, in cui viene prodotto il 65% del biodiesel mondiale, produce 4 miliardi di litri di bioetanolo e la Cina 2 miliardi.
I biocarburanti coprono oggi l'1,5% dei consumi nei trasporti. Ma la produzione dal 2000 al 2008 è quadruplicata, e ovunque l settore è in grande espansione, grazie anche a politiche governative di spinta (livelli di utilizzo vincolanti e incentivi alla produzione).
Il problema più grosso è che la produzione attuale di biocarburanti avviene con tecniche che prevedono come materia prima prodotti agricoli destinati anche all'alimentazione (canna da zucchero, mais, ecc.) Ma è un problema che i può essere risolto.
Bioetanolo di seconda generazione: la risposta migliore per tutti
Il bioetanolo può essere oggi prodotto con tecniche di seconda generazione - idrolisi, fermentazione di biomassa lignocellulosica, raffinazione - da una materia prima proveniente da colture non alimentari, adatte a terreni marginali o incoltivabili, che richiedono quantitativi molto limitati di acqua e fertilizzanti, e che assorbono in vita più CO2 di quanta le rilasciano (anche come carburante).
Il bioetanolo di seconda generazione è agli albori. Ma tutti i centri di ricerca assegnano ad esso le maggiori potenzialità di sviluppo e surrogabilità dei prodotti petroliferi.
Italia all'avanguardia
Gli italiani sono avanti nella corsa al bioetanolo di seconda generazione. E questo grazie all'iniziativa di Chemtex (società del gruppo chimico italiano Mossi & Ghisolfi) che ha lanciato il programma agro-industriale più avanzato, per fare del basso Piemonte un'area guida in quest'ambito.
Il programma interessa tutti gli aspetti che concorrono alla produzione remunerativa e sostenibile di bioetanolo di seconda generazione: ricerca, ingegnerizzazione, creazione di una filiera corta, avvio della costruzione di nuovi impianti industriali di raffinazione.
Punto di partenza è stato il progetto di ricerca Pro.E.Sa. (120 milioni di euro di investimento) realizzato in collaborazione con il Politecnico di Torino, e oggetto di finanziamenti UE per 15 milioni attraverso la Regione Piemonte. Un progetto che ha impegnato 100 ricercatori (Centro di Ricerca Chemtex e Politecnico di Torino) e che in tre anni ha sviluppato, sperimentato e ingegnerizzato le tecnologie necessarie;e ancora, stimolato la collaborazione di altre aziende italiane ed europee specializzate nelle selezioni agricole (come la Vivai Alasia)e nei processi di chimica green (come la tedesca NovoZymes), che hanno concorso a individuare come coltura di riferimento la Arundo Donax. Questa è la comune canna dolce nostrana che, selezionata, è ora in grado di produrre su terreni marginali, e senza infestare, quantitativi doppi di biomassa cellulosica.
Altro cardine è la creazione delle condizioni per la coltivazione e il trattamento della materia prima in filiera corta (a distanze minime dai centri di trattamento). Ciò avviene attraverso l'informazione sulla convenienza (sono molte le colture che oggi generano perdite, anche a fronte di contributi UE), il coinvolgimento delle strutture di servizio nel territorio per la semina, la raccolta e i servizi preindustriali (stoccaggio ecc.) dell'Arundo Donax, i cui rizomi sono forniti gratuitamente agli agricoltori da Chemtex.
Infine, il programma vedrà già nel prossimo inverno l'avvio della realizzazione a Crescentino (Vercelli) del più importante impianto al mondo di produzione di bioetanolo di seconda generazione. Una bioraffineria che replicherà sul piano industriale il primato acquisito dall'Italia nella ricerca in materia, per dotazioni tecnologiche e qualità del prodotto. Ma non solo, perché sarà anche il primo impianto di bioetanolo al mondo ad essere in filiera corta (raggio di 40km), con la riduzione delle emissioni di CO2 per ovimentazioni) e una migliore integrazione nel bacino economico di riferimento.
L'impianto di Crescentino avrà una capacità di 45mila tonnellate l'anno. Permetterà di produrre con vantaggio anche con prezzi del greggio fra i 50 e 70 dollari al barile. Oltre alla canna Arundo Donax permetterà lo sfruttamento delle paglie, con ulteriori benefici per il territorio ed il settore agricolo. E sarà il primo al mondo nel settore a riutilizzare anche la parte non trattabile della materia prima (la legnina) come combustibile per gli impianti di generazione elettrica di cui sarà dotato per funzionare in totale autonomia energetica.
L'impianto permetterà un risparmio annuo di 51mila tonnellate di CO2, pari all'impiego annuo di 7000 autoveicoli. Il numero può sembrare esiguo. Ma è solo l'inizio.
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