Silvia Salis, l'ultima papessa Pd

Con un Partito Democratico in crisi d'identità e impantanato nei sondaggi, la Salis appare come il nuovo messia

Silvia Salis, l'ultima papessa Pd
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È una vecchia storia: da sempre, e con metodica regolarità, la sinistra s'infiamma per l'arrivo improvviso di un qualunque papa straniero. Un salvatore della causa persa, un volto nuovo capace di rifare il maquillage e cambiare i tratti somatici all'intera galassia progressista, compresi i vari e variopinti cespugli. Inutile dire che, quasi sempre, si tratta di un miraggio, un'oasi immaginaria nel deserto del campo largo. Ecco, l'ultimo innamoramento dell'opposizione è - come facilmente prevedibile - Silvia Salis, dirigente sportiva, ex olimpionica ma, soprattutto, neo sindaca di Genova. La Salis ha tutte le caratteristiche per sedurre una sinistra in crisi di identità: è giovane rispetto alla media nazionale dei primi cittadini e dei politici (39 anni), viene dalla società civile, è un ex lanciatrice di martelli (assolutamente senza falci), è sposata con un noto regista, è di bella presenza, ed è una donna in una sinistra (in difficoltà) governata da una donna e in un Paese che ha la prima premier donna della storia repubblicana. Cosa che alla gauche nostrana - dopo decenni di fallimentari battaglie femministe nel nome delle quote rosa - non è mai andata giù.

In questo panorama, con un Partito Democratico in crisi d'identità e impantanato nei sondaggi, la Salis appare come il nuovo messia. Forse anche al di là della sua stessa volontà e delle sue ambizioni. Basta sfogliare i quotidiani della stampa progressista o fare un velocissimo carotaggio sui profili social d'area per tastare il livello di infatuazione per la sindaca del capoluogo ligure, alla quale ormai sono appese tutte le speranze di riscossa non solo di una coalizione, ma anche di una classe dirigente e di una generazione. Si parla già di «Effetto Salis», non si è ancora insediata a palazzo Tursi ma c'è già chi pensa di proiettare il suo programma oltre l'ombra della Lanterna. Poco importa che questo programma neppure esista e che vincere le elezioni comunali di una città, seppur la sesta più popolosa del Paese, conti poco a livello nazionale, è comunque abbastanza per mandare in visibilio una sinistra con problemi di tenuta emotiva.

Così si favoleggia sulla «nascita di una stella» (sic), si scannerizzano le sue parole per dedurne possibili velleità nazionali, si riflette sulla rete romana di rapporti che condivide con il marito Fausto Brizzi, ben inserito nel terrazzato mondo dei radical capitolini.

La fabbrica della mitopoiesi si è già messa in moto e, anche se molto probabilmente non porterà ad alcun risultato, è senza dubbio l'ennesimo atto di sfiducia del popolo rosso nei confronti di Elly Schlein.

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