I voli carichi di aiuti per le vittime del ciclone che ha sconvolto l’ex Birmania arrivano a singhiozzo. Il regime militare concede le autorizzazioni a rilento, mentre folle di sopravissuti prendono d’assalto i primi soccorritori alla disperata ricerca di qualcosa da mangiare. I generali birmani non vogliono saperne della mano tesa offerta dagli Stati Uniti, pronti a paracadutare gli aiuti, almeno per ora. Inoltre le organizzazioni umanitarie e quelle che si battono per il rispetto dei diritti umani temono che l’esercito possa accaparrarsi parte dei beni d’emergenza. Non solo: il bilancio delle vittime potrebbe salire ad oltre 100mila morti ed il peggio deve ancora arrivare con le epidemie. Ieri è arrivato nel Myanmar il primo volo umanitario delle Nazioni Unite, decollato dalla base di Brindisi, con 25 tonnellate di aiuti.
In attesa delle autorizzazioni del regime rimangono, però, altri aerei noleggiati dall’Onu a Bangkok, Dacca e Dubai. Tragicomico il giallo sui permessi che si sta creando con gli Stati Uniti. Ieri mattina sembrava che il primo C 130 Usa potesse decollare da Bangkok. Poi lo stesso ambasciatore americano in Thailandia, Eric John, ha dovuto fare marcia indietro sostenendo che la giunta militare birmana non concedeva la luce verde. L’assurdo è che dal 21 maggio seimila militari americani parteciperanno in Thailandia all’esercitazione Cobra gold. Unità navali, aerei ed elicotteri erano già sul posto o stavano arrivando. Se ricevessero il via libera gli americani potrebbero intervenire, come hanno fatto subito dopo lo tsunami, alleviando le sofferenze della popolazione. I generali birmani, però, preferiscono le navi indiane, i soldi cinesi e sette elicotteri russi, provenienti da alleati di ferro. Ancora più assurdo che vengano concessi con il contagocce i visti agli specialisti delle emergenze della comunità internazionale, che dovrebbero arrivare sul posto in 48 ore.
Ad una settimana dal ciclone le agenzie umanitarie denunciano che sono almeno un centinaio i funzionari in attesa di poter entrare nell’ex Birmania per portare aiuto. Ne fa le spese la popolazione, o meglio i sopravissuti ridotti allo stremo. Un’avanguardia di soccorritori che era riuscita a raggiungere il delta dell'Irrawaddy, la zona più colpita dal Paese, ha dovuto scappare. Sul sito birmano Mizzina uno degli operatori umanitari, protetto dall’anonimato, racconta che un centinaio di sopravissuti li avevano accerchiati.
«Apparivano pallidi e affamati - ha spiegato la fonte - probabilmente volevano chiedere del cibo, ma l'unità di valutazione ha ritenuto che fosse pericoloso e così è fuggita». La scena è avvenuta nella zona di Labutta, una città spazzata via dal ciclone. Le stesse autorità locali hanno ammesso che le vittime, solo in questa zona, sarebbero 80mila.www.faustobiloslavo.com
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