Bisagno, il partigiano che insegnò il valore della «temperanza»

Virtù cardinali, ultimo appuntamento. Il Serra Club 184 di Genova conclude domani sera alle 18 il ciclo di incontri alla Sala Quadrivium (piazza Santa Marta). La relazione, dopo Prudenza, Giustizia e Fortezza, sarà dedicata alla «Temperanza». Relatore sarà don Fabio Rosini, direttore del Servizio Diocesano per le Vocazioni del Vicariato di Roma, e saranno proiettati, a cura di Alberto Di Giglio, ampi spezzoni del film di Alain Cavalier «Thérèse».
All'incontro parteciperà anche Aldo Gastaldi, omonimo e nipote del celebre «Bisagno», di cui saranno messe in luce le autentiche virtù cristiane, e in particolar modo proprio la temperanza, nel contesto di una eccezionale personalità cristiana. Aldo Gastaldi primo di cinque fratelli, nasce a Granarolo il 17 settembre del 1921 da Paolo Gastaldi, grande invalido di Guerra e Maria Lunetti, i quali con dolce fermezza fanno dell’educazione morale dei figli uno degli scopi primari della loro esistenza. Aldo cresce in un ambiente sano e semplice; ama l'attività fisica, la vita all’aria aperta e preferisce sin dalla giovinezza la solitudine della montagna al chiasso della città e dei comuni luoghi d’incontro.
Intraprende gli studi tecnici che compie all'Istituto Galileo Galilei e va maturando sin dalla sua prima giovinezza una Fede in Cristo coerente e profonda, che contraddistinguerà e sarà faro del suo agire per tutta la sua breve vita terrena.
Dopo il diploma si iscrive alla facoltà di Economia e Commercio. Un decreto governativo ordina ai giovani universitari della classe 1921 di partire volontari per la guerra. Aldo Svolge il servizio militare nel Genio, dapprima come soldato semplice, poi come caporale, sergente ed infine come ufficiale. La Formazione Militare acquisita sarà determinante per il periodo del partigianato.
Subito dopo l'armistizio decide di salire in montagna e con alcuni altri «ribelli» dà vita alla formazione che prenderà il nome di Divisione Cichero.
Essa è l'unica in Italia dotata di un «codice morale» che sancisce severe norme comportamentali, cui tutti, primo il comandante, si debbono attenere: non bestemmiare, non molestare le donne, non requisire nulla senza pagare il dovuto alle popolazioni delle vallate, dividere con gli altri qualunque cosa si riceva, il comandante mangia sempre per ultimo e copre i turni di guardia più gravosi. La figura del comandante è completamente sovvertita rispetto all'intendere comune e, alla luce del Vangelo, il capo non è colui che è servito ma colui che serve.
Il suo rigore morale, la sua inflessibilità nei confronti di ogni tipo di ingiustizia ed il profondo rispetto della vita umana, suscitano l'amore ed il rispetto dei più, ma non di tutti.
Bisagno vive momenti drammatici in montagna per il suo aperto contrasto all'infiltrazione partitica tra le file partigiane.


Scrive in una lettera ai suoi uomini:
«Noi non abbiamo un partito, noi non lottiamo per avere domani un cadreghino. Vogliamo bene alle nostre case, vogliamo bene al nostro suolo…».
Bisagno, medaglia d'oro al Valor Militare e primo partigiano d'Italia, muore il 21 maggio 1945 all'età di 23 anni.

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