«Bisogna ridere per ritrovare i punti di riferimento»

«Dall’umanesimo al puttanesimo» in un circolo virtuoso di risate. Così Rodolfo Laganà nel suo spettacolo Se non fossi già confuso mi confonderei, in scena dal 26 dicembre al Teatro Greco, traccia l’esilarante quadro della confusione generale che investe la nostra società priva di punti di riferimento, dove il vecchio buon senso è sparito. Da 19 anni si rinnova durante le feste natalizie l’appuntamento con lo spettacolo di uno dei comici più eclettici e amati: un one-man show che ha registrato quattro settimane di tutto esaurito al suo debutto un anno fa. Pioniere del teatro nelle periferie della capitale con Il Raccordo Anulare world tour (il miglior repertorio portato in scena con il tendone da mille posti da lui stesso costruito).
Laganà festeggia con l’entusiasmo contagioso di un esordiente trent’anni di carriera, iniziata con la preziosa formazione nel laboratorio di Proietti e con le sue prime apparizioni tv. «Ho esordito in un tipo di televisione, ormai sparita, fatta di grandi energie e disponibilità a servizio di programmi in cui la gente poteva davvero riconoscersi».
La sua passione per le scene, a cui torna sempre con immenso piacere restituisce l'immagine di un teatro vivo e vitale. Un teatro che come lui stesso afferma, non morirà mai.
«Questa sopravvivenza può portare a una rinascita della cultura teatrale. La gente inondata dal frastuono mediatico, ha bisogno di vedere l’attore che suda, fa una pausa carica di senso, recita, si spende per il suo pubblico».
«Svecchiare le proposte dei cartelloni per esempio, senza nulla togliere al valore dei grandi classici e alle loro rivisitazioni, - suggerisce l’attore - è possibile e auspicabile. C’è una nuova drammaturgia che rimane relegata nelle cantine, perché chi ha il potere di scegliere non esce più da casa a saggiare le nuove proposte. Ho visto attori e autori straordinari, mi piace andare a vedere ciò che non conosco, mi arricchisce. Sicuramente poi un’altra strada da percorrere è quella di un costo del biglietto più accessibile, più popolare».
Se dovesse ricominciare la sua carriera, Laganà partirebbe sempre dalla scuola di Proietti, della quale sente ancora la nostalgia, quel lavoro curato nei minimi dettagli, lo studio di ogni elemento, le pause, le luci. Negli anni ottanta all'epoca delle grandi compagnie, di Patroni Griffi ecc., c'era la possibilità di essere scelti dalle scuole di recitazione tramite provini fatti dalle produzioni per cercare i talenti del momento, oggi questo circolo virtuoso si è interrotto a scapito della qualità.
Essere un personaggio mediatico sembra una delle più dirette vie di accesso anche nella specificità teatrale
Mi spiace che il teatro si sia così concesso a tutto campo a personaggi televisivi che si prestano ad operazioni superficiali e spesso senza gli esiti sperati. Certo oggi si predilige l’immediatezza della tv alla qualità dell’attore, delle proposte da selezionare.
Ora che anche i grandi divi hollywoodiani si fanno sedurre dal palcoscenico Laganà sorride sornione: «Il teatro non lo puoi evitare se fai questo mestiere. L’occasione di mettersi in gioco fino in fondo, in questo scambio di corrente emotiva diretta con lo spettatore è troppo allettante.

Ti affezioni anche al modo particolare di vivere, tipico di questo mondo in cui si crea una specie di famiglia allargata. Sono per il contatto reale più che virtuale, per la penna la carta e una comicità fatta di riflessioni ma anche di pause».

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