«Bivio d’amore»: Sandro Mayer sposa i sentimenti

Miriam D’Ambrosio

da Milano

Un quartetto. Due coppie di amici, sposate da anni. Un intreccio che ha la forma della commedia brillante. Bivio d’amore, terzo lavoro teatrale di Sandro Mayer in scena al Teatro Nuovo da martedì, ci racconta la storia di Laura e Renato, Leonardo e Isabella. Quasi uno schema classico, dove avviene «un inconsapevole scambio di coppia - racconta Mayer - nel senso che scatta il reciproco amore tra Isabella e Renato, Laura e Leonardo. L’idea di scrivere la commedia nasce proprio da un fatto reale, analogo, che mi veniva raccontato in una lettera da una lettrice». I quattro personaggi rivelano le relazioni dopo otto anni di clandestinità, ed è a quel punto che si trovano davanti al «bivio», rappresentato dalla «legge dei figli».
«I conflitti sono interiori, ma lo scontro vero è tra le due donne protagoniste, molto diverse tra loro - spiega l’autore - Laura, incarnata dalla bravissima Debora Caprioglio, è quella che rinuncia al suo amore per il bene della figlia, mentre Isabella che ha il volto di Patrizia Pellegrino (una rivelazione), non mette da parte la sua storia. Pensa che i figli sentono l’amore dei genitori anche se questi non sacrificano la propria vita e i sentimenti. Certo, è più facile separarsi quando i figli non si hanno». Ho voluto parlare dei sentimenti che cambiano, delle priorità di ciascuno, senza prendere le parti dell’uno o dell’altro, «anche se - confessa Mayer - chi ha già visto lo spettacolo mi dice che simpatizzo per la madre che sceglie i figli e accantona il resto».
Il primo approccio di Mayer con il teatro fu negli anni del liceo, «quando vendevo a rate i libri dell’Einaudi insieme a mio fratello - racconta - il banchetto era all’ingresso del Piccolo Teatro. Eravamo lì all’inizio dello spettacolo fino all’intervallo tra il primo e il secondo atto, quando il pubblico si alzava e si poteva vendere ancora.

La passione viscerale per il teatro è nata così, guardando tanti primi atti e mancando quasi sempre i secondi. Si trattava di grandi classici, e quelli che ho amato e amo di più restano Arthur Miller e Tennessee Williams».

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