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Blair: «L’Iran coinvolto nella morte di otto soldati britannici in Irak»

Incontrando a Londra il Presidente iracheno, il premier inglese denuncia gli ayatollah: «Hanno fornito alla guerriglia nuovi congegni esplosivi per attaccare i nostri uomini»

Gian Micalessin

Nel 1739 bastò molto di meno. Bastò che il capitano della marina inglese Robert Jenkins mostrasse alla Casa dei Comuni l’orecchio mozzatogli da un ufficiale spagnolo e il Parlamento votò guerra alla Spagna. Questa volta non sarà guerra, ma di certo non saranno fiori e sorrisi. Anche perché per accusare l’Iran di aver contribuito alla morte di otto soldati britannici fornendo alla guerriglia irachena tecnologie per le bombe a distanza, Londra non manda un capitano qualsiasi, ma il suo primo ministro. E per farlo Tony Blair ha scelto ieri la conferenza stampa congiunta con il presidente iracheno Jalal Talabani in visita ufficiale a Londra. Una platea importante per un’accusa pesante e dalle possibili gravi ripercussioni.
La questione è la stessa anticipata, mercoledì, da un funzionario del Foreign Office. Gli inglesi indagando sugli ordigni utilizzati dai guerriglieri dell’esercito del Mahdi, il gruppo armato del predicatore sciita Moqtada Sadr, per uccidere otto loro soldati hanno scoperto tecniche d’innesco simili a quelle utilizzate dai miliziani libanesi di Hezbollah. Da qui il sospetto di un coinvolgimento degli iraniani protettori, istruttori, fornitori e finanziatori dichiarati di Hezbollah. Ma la parola «sospetto» è d’obbligo perché lo stesso Blair sottolinea di non possedere prove certe. «La cosa chiara è che ci sono nuovi congegni esplosivi utilizzati non solo contro le truppe britanniche, ma un po’ ovunque in Irak – ha detto Blair – e la particolare natura di questi congegni porta a elementi iraniani o ad Hezbollah». Ma per ora, ha chiarito Blair, «non possiamo esserne certi».
Tutto parte dalle indagini sui cosiddetti «Ied»» (improvised explosive devices), ovvero «congegni esplosivi improvvisati». Dunque non armi prodotte regolarmente, ma ordigni realizzati collegando un proiettile d’artiglieria, o comunque dell’esplosivo, a un detonatore comandato da un telefonino o da un semplice filo. Sepolti a lato della strada e fatti saltare al passaggio di un mezzo nemico, questi ordigni sono l’arma più letale nelle mani della guerriglia.
I primi a introdurne l’uso e a svilupparli con l’aiuto dei pasdaran iraniani furono i guerriglieri sciti di Hezbollah durante l’occupazione israeliana. Grazie a informazioni fornite dagli israeliani e comparando gli ordigni recuperati prima del ritiro dal Libano del maggio 2000, gli inquirenti inglesi avrebbero individuato il marchio di Hezbollah. Un’ipotesi plausibile visti gli stretti rapporti tra Moqtada Sadr e i guerriglieri di Hezbollah che non mancano di esibire il suo ritratto nella periferia di Beirut. Più difficile provare il coinvolgimento diretto di Teheran.
E infatti il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha subito parlato di «menzogne» utilizzate per coprire il fatto che «gli inglesi stessi sono causa di insicurezza e instabilità in Irak».
Le accuse di Blair vanno però inquadrate nel quadro della più complessa trattativa sul nucleare iraniano. Londra aprendo il nuovo capitolo chiarisce a Teheran che senza un passo indietro sul nucleare rischia di ritrovarsi sempre più nel mirino e sempre più sotto accusa. Ma vi è anche un’altra interpretazione, più maliziosa e molto più problematica. Il premier inglese avrebbe fatto capire di aver in mano le prove di un collegamento diretto tra gli attacchi subìti sul suolo iracheno e l’atteggiamento assunto da Londra nella trattativa sul nucleare. «Non ci piegheremo - ha detto infatti Blair – davanti ad alcuna intimidazione se ci sarà bisogno di sostenere questioni giuste e necessarie riguardanti gli obblighi dell’Iran nei confronti dell’Agenzia dell’energia Atomica».
La conferenza stampa è servita anche a ricordare la determinazione del Regno Unito a non abbandonare l’Irak nelle mani del terrorismo e ribadire al presidente iracheno Jalal Talabani che i soldati inglesi «resteranno con voi fino a quando ne avrete bisogno e fino a quando lo vorrete».

Esattamente quel che voleva sentirsi promettere Talebani.

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