"Blasco" otto volte sul palco per andare ancora al massimo

Vasco Rossi "in pista" due ore con una scaletta (mai uguale) di trenta canzoni: da domani una serie di concerti del rocker italiano più amato. Già tutto esaurito per gli show in cui canterà brani indimenticabili

"Blasco" otto volte sul palco per andare ancora al massimo

Il segreto del successo (ormai del mito) di Vasco? È che quando lui sale sul palco, ognuno viene al concerto aspettando l’idolo, quello a propria immagine e somiglianza, che non è necessariamente (anzi), quello degli altri. Ciascuno ha un suo Vasco nella testa e nel cuore e lo condivide con gli altri, e Vasco stesso ha mille replicanti che viaggiano in direzioni diverse senza mai tradire la bandiera del rock. È l’alchimia tra la sua musica, tra il suo messaggio e il modo di recepirlo dei suoi fan che fa la differenza. Ma queste sono chiacchiere: la realtà è che da vent’anni - nel 1990 il primo megashow a San Siro - il Blasco riempie a tappo stadi, palasport e arene varie. E non per una sola sera. Guardiamo il suo tour «indoor» partito il 6 ottobre da Pesaro con quattro concerti, poi altri 4 a Caserta, 6 ad Ancona e ora passerà tutto febbraio a Milano con una serie di tutto esaurito da far paura.

Otto spettacoli al Forum non sono una cosa da ridere. Partenza domani e poi repliche (si fa per dire perchè una esibizione di Vasco non è mai uguale all’altra) sabato, l’11, il 12, il 15, il 16, il 20 e il 21. E provate a cercare un biglietto se ci riuscite. Tutto prenotato per 100mila (e forse più) fortunati che aspettano di vederlo, con quell’aria spavalda e sorniona, un po’ Don Chisciotte un po’ pifferaio di Hamelin, snocciolare dal vivo il suo «Roxy Bar» brevettato e a denominazione di origine controllata.

In pista per due ore con una scaletta di trenta brani (fino ad ora ne ha scritti 145) su cui non si posa mai la polvere. Ma guardate, la sua antologia Tracks 2 è in testa alla hit parade degli album più venduti. Prendiamo poi Vita spericolata; la cantò per la prima volta il 3 febbraio di ventisette anni fa sul palco di Sanremo. Sarà anche un po’ ingenua, cantata oggi da un rocker maturo, ma ha sempre un fascino penetrante ed è la nostra My Generation (quando i Who nel primi anni 60 cantavano: «voglio morire prima d’invecchiare»). Poi basterà mettere a confronto Ogni volta e Sono ancora in coma (figlie di Vado al massimo, album targato 1982) con le recenti Un senso e Il mondo che vorrei per far quadrare il cerchio. Insomma Vasco trasgressivo ma coerente nel rock. E per ribadirlo in scaletta sono annunciati pezzi studiati appositamente per lo show al chiuso, magari meno blasonati, come La nostra relazione (figlio addirittura degli anni Settanta e del primo album Ma cosa vuoi che sia una canzone) o come Ieri ho sgozzato mio figlio, Anima fragile, Deviazioni, per poi veleggiare negli anni Novanta con Gli angeli, Un gran bel film, e approdare nel nuovo millennio con Stupido Hotel.
Come consuetudine, il Blasco concederà un momento acustico, lui, la sua voce muscolare e solidamente sgraziata (come vero rocker comanda) e la chitarra gracchiante, nel rito pagano di Sally, Dillo alla luna, Incredibile romantica, Una canzone per te.

Annunciare le canzoni non vuol dire togliere pepe allo show, perché Vasco ricrea, reinterpreta con la ruvida semplicità della sua fedele band (basti citare le chitarre di Maurizio Solieri e Stef Burns) e ci dà dentro come e più di prima. Meno male che qualche mese fa si era definito depresso e «psicologicamente confuso».

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