Blitz delle teste di cuoio in Albania Presa la gang dei rapinatori di ville

Andrea Indini

da Milano

Una vera battaglia oltre confine. Uno scontro a fuoco durato quasi un’ora, che ha coinvolto un centinaio di agenti della polizia e oltre settanta civili, ha portato all’arresto di Artur Ceka ed Emiljano Reci, i due albanesi latitanti ricercati per almeno cinquanta rapine messe a segno in diverse regioni del nord Italia.
Succede tutto in una notte, a Mamuras nel distretto di Lac a pochi chilometri a nord da Tirana. L’arresto dopo circa quattro ore di resistenza. Martedì sera Ceka viene avvistato dalla polizia locale, ma per due volte forza i posti di blocco. Quindi si rifugia in un casolare, dove già si trova il complice. È qui che, aiutato da circa settanta persone vicine all’organizzazione, inizia lo scontro a fuoco con le forze dell’ordine. Un centinaio di agenti albanesi e uomini della squadra italiana (tra agenti della mobile di Milano e Trento oltre a un manipolo di teste di cuoio dei reparti speciali) intervengono sul posto e solo dopo un’ora, intorno all’una e quaranta, riescono ad arrestare i banditi. «Si tratta di un successo importante - spiega il capo della Squadra mobile milanese, Vittorio Rizzi -, frutto di un’indagine durata diversi mesi. Non solo: è la prima volta che lavoriamo in Albania su albanesi che hanno infranto la legge nel nostro Paese». Autori anche della rapina nella villa di Pian Camuno, durante la quale tentarono di uccidere i proprietari, i due malviventi facevano parte dell’organizzazione che tra il novembre 2004 e il febbraio 2005 seminò il panico nel nord Italia, mettendo a segno una cinquantina di colpi. Solo in Lombardia ventiquattro le rapine. Dopo essere partiti da Saint Christophe in Val d’Aosta, avevano colpito anche in Piemonte, Trentino, Emilia Romagna e Toscana. Lo scorso febbraio sette componenti dell’organizzazione erano stati arrestati. Ma Ceka, soprannominato Turi Banana e considerato dalle autorità il capo della banda, era riuscito a lasciare l’Italia insieme a Reci. Mentre Ceka si era rifugiato prima in Olanda, dove aveva tentato di acquistare una partita di cocaina, poi in Germania, quindi in Albania, Reci era tornato a casa passando per Vienna. Da febbraio, però, i due malviventi erano tenuti sotto controllo.
Sui due pendevano provvedimenti restrittivi per associazione di stampo mafioso, finalizzata al traffico di stupefacenti, rapina, tentato omicidio e detenzione di armi illegali. «L’importante risultato - spiega il capo della Squadra Mobile, Vittorio Rizzi - è frutto dell’attuazione di un mirato piano strategico, che ha avuto carattere preventivo e repressivo».

L’operazione, infatti, è stata portata avanti con un’azione congiunta dei corpi di polizia albanese e italiana, con uomini del Servizio Operativo centrale della Direzione centrale anticrimine e delle squadre mobili di Milano e Trento.

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