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Boateng, i fratelli diversi al mondiale con due bandiere

Boateng, i fratelli diversi al mondiale con due bandiere

C’è un Boateng nella Germania, c’è un Boateng nel Ghana. Questa è la storia dei fratelli diversi: stesso sangue, Paese diverso; stesso padre, madre diversa; stesso cognome, bandiera diversa. Ci sono giocatori che scelgono di cambiare nazionalità. Qui, invece, ci sono loro: vengono dalla stessa famiglia e si trovano in due nazioni differenti. Eccoli, Jerome e Kevin-Prince. Boateng al quadrato, oppure a metà. Non sono i primi, ma sono gli unici.
Il pallone ha già raccontato la vita e le sfide di famiglie che si dividono in campo: Beppe e Franco Baresi, Gabi e Diego Milito, Fabio e Paolo Cannavaro. Mai nessuno, però, in un Mondiale. Mai nessuno in due Paesi diversi. Il destino dell’urna li ha infilati nello stesso girone: tutti e due in campo oggi, Kevin-Prince a Pretoria, Jerome a Durban. Seicento e quarantasei chilometri che diverranno zero il 23 giugno, a Johannesburg: Ghana-Germania, cioè Boateng-Boateng. La prima volta, un record mai realizzato e forse imbattibile in futuro: quanti fratelli possono arrivare tutti e due a giocarsi il Mondiale? Quanti, soprattutto, possono arrivarci con due magliette diverse? Jerome e Kevin-Prince sono una rarità: sono l’esordio dello sgretolamento familiare in un Mondiale. Perché qui ci sono un uomo e due donne, un divorzio, i figli che ci vanno di mezzo, le feste comandate da spezzettare per non scontentare nessuno, la consapevolezza di non essere come quelle famiglie felici della pubblicità, la certezza di avere un fratello che non è come te. Il pallone scopre nel 2010 che la società è cambiata: i Boateng sono una normalità eccezionale, rappresentano milioni di persone che incrociano le loro vite in vicende che portano chi dovrebbe stare sotto lo stesso tetto a vivere a chilometri di distanza. Quella distanza che è umana, prima che fisica.
Ciò che non c’era mai stato in un campo di calcio, oggi c’è. Arriva con la forza delle storie di questi due ragazzi che sono cresciuti entrambi a Berlino e che si ritrovano dove ognuno dei due aveva desiderato di stare. I fratelli normali s’immaginano insieme, loro hanno desiderato il Mondiale ognuno per conto suo, portando lo stesso cognome ed evidentemente lo stesso destino. Mai giocato insieme, mai discusso di questo evento insieme, mai sognato di partire uno accanto all’altro. Fratelli di nome e di geni, eppure divisi da un muro grande quanto la distanza che si può creare quando una famiglia va a catafascio. Eccoli, oggi in campo per due mondi opposti, uno per l’Europa, l’altro per l’Africa: si portano dietro un mix che è impossibile da trovare in nessuna altra storia. Perché qui si mescolano stati d’animo, affetti, passioni, amori, carichi psicologici che altrove non puoi trovare. Kevin-Prince è nato in Germania da un signore africano emigrato a Berlino e da una signora che è nipote di Helmut Rahn, il Boss che regalò alla Germania la Coppa del mondo del 1954. Ascolta solo musica tedesca, ha amici tedeschi, ma ha scelto di rimanere africano. Ghana sul passaporto e Ghana sulla maglia da calciatore. Jerome è nato a Berlino, dallo stesso padre e da un’altra signora. Tedesco, lui. Non è mai stato in Ghana, ma continua ad andare a caccia delle sue radici: ascolta musica ghanese, frequenta amici ghanesi. Nelle loro vite leggi l’immigrazione, l’integrazione, la ricerca del proprio passato e del proprio futuro. Qualcuno li chiama immigrati di seconda generazione: qui uno lo è l’altro no. La pelle nera non dice tutto. I Boateng hanno due anni di differenza e una vita che gli passa in mezzo. Hanno giocato già uno contro l’altro in Inghilterra: uno è del Manchester City, l’altro è del Portsmouth. Questo però sarebbe un deja-vù, una sfida familiare che non finirà mai: troverai sempre due fratelli contro, due pezzi dello stesso pane che si sfidano. L’abbiamo visto, raccontato, triturato. L’abbiamo trascinato dal pallone alla politica, con i due Miliband pronti a scannarsi per chi debba prendersi il futuro del partito laburista.
Niente, invece, è come la loro sfida Germania-Ghana. I Boateng appartengono ad altro, a un caso che la statistica sceglierebbe di non raccontare neanche: troppo bassa la probabilità che accada. Una su un milione, una su dieci milioni, forse una su venticinque milioni. Numeri e poi altro: perché qui c’è la vita con tutto quello che vale. Qui c’è quello che esiste quando non sei un calciatore: Germania o Ghana non è Inter o Milan.

Qui non si sceglie solo da che parte stare, ma anche a che cosa si appartiene.

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