Cronaca locale

Bob Noorda, addio al designer della porta accanto

È scomparso al Fatebenefratelli l’artista olandese che negli anni ’60 ha trasformato la grafica italiana. A Milano da mezzo secolo, ha realizzato, tra gli altri, i loghi della Regione Lombardia e della MM

Bob Noorda, addio al designer della porta accanto

«Non occorre cercare per forza la novità, la sorpresa a tutti i costi, l'originalità, l'effetto. Occorre invece trovare l'idea forte che sta dietro a un fatto, a un evento, a una marca, quello che la rende unica e riconoscibile». Forse in questa breve frase sta tutta la filosofia che si cela dietro l'opera di Bob Noorda, nato ad Amsterdam nel '27, arrivato a Milano trent'anni dopo e scomparso ieri, all’Ospedale Fatebenefratelli. Ebbe la fortuna di aver ricevuto un'educazione razionalista all'istituto olandese Ivkno per mano del suo direttore, il grande artista e designer Gerrit Rietveld, noto appena nel nostro Paese per le sue sedie e poltrone fatte di legni multicolori e prodotte anni fa dalla Cassina. L'insegnamento di Rietveld fu basilare perché diede a Noorda una concezione del design e della grafica fondati soprattutto sulla comunicazione visiva, sulla chiarezza formale e l'essenzialità espressiva. Un personaggio decisamente fuori dagli schemi, che in poco tempo seppe affermarsi vivendo un periodo della nostra società ricco di fermenti, di proposte, di un numero certo non modesto di suoi colleghi attivi in quasi tutti i settori della creatività. Così egli animò quel palcoscenico effervescente dei primi anni Sessanta, lavorando a fianco di grandi imprenditori e grandi editori e creando brand leggendari, come Pirelli, e proseguendo poi, dimenticandone tanti, con Olivetti, Barilla, Mondadori, Coop, Enel, Feltrinelli, Eni e Agip. Certo che, soprattutto per i milanesi, restano tra le sue opere più conosciute e apprezzate la grafica della Metropolitana (esposta nel settore design del Museum of Modern Art) e il marchio della Regione Lombardia. Nella metropolitana, il colpo di genio fu la segnaletica a fasce, un sistema adottato poi a Londra, a San Paolo, a New York e a Napoli. Proprio recentemente il sindaco Moratti ha invitato un po' tutti a riprendere in mano quella grafica così elegante, coinvolta in nuovi allestimenti di scarsissimo valore. «Sono un grafico, anzi un modesto visual-designer, e devo pensare a comunicare nel tempo con i marchi e i logotipi - sottolineava Noorda -, e più un marchio vive, si mantiene, come dire, fresco e attuale con il passare degli anni, più l'idea che lo ha sostenuto e contribuito a definirlo è ancora valida e più io mi accorgo di aver lavorato bene». Egli è stato certamente uno dei primi a capire che un'azienda importante ha bisogno di una identità molto forte, che va anche al di là del semplice marchio e coinvolga l'architettura degli interni e il packaging dei prodotti, e precisava come «un buon progetto di design non deve essere influenzato dalle mode del momento, ma deve durare il più a lungo possibile». Affermava: «Ho realizzato circa 150 marchi nella mia vita, e mio è il pittogramma del self-service delle stazioni di benzina, originariamente ideato per Agip, insieme con il restyling del vecchio logo, così come ho realizzato per la birra Dreher il primo esempio di immagine codificata in un manuale d'uso del logo, dalle etichette ai tappi, fino alla forma delle bottiglie». Lo stesso grande Munari ne apprezzava il lavoro, soprattutto quando parlando del marchio della Regione Lombardia, riconosceva come quel simbolo verde in campo bianco aveva forza, carattere e persino un bambino lo avrebbe tenuto a memoria. Una delle passioni di Noorda era la segnaletica e chiariva: «Per progettarla occorre saper comunicare, ragionando in un'ottica di servizio, di servizio non facile perché pubblico, e quindi contano le dimensioni, i caratteri, la leggibilità, anche seguendo l'architettura del luogo perché spesso la luce è in grado di renderla nulla». Nelle mie saltuarie frequentazioni con il grande Noorda, tra le ultime vi fu quella di un commento proprio sulla segnaletica che caratterizza il restyling della Stazione Centrale di Milano: «Non riesco a comprendere - diceva il maestro - come si possa concepire, in un labirinto come quello, una trappola così assurda per il viaggiatore: pochi e oscuri cartelli, posti nelle posizioni più assurde. La segnaletica deve sempre avere due aspetti: seguire l'utente e nello stesso tempo guidarlo.

Non è certo cosa da fare all'ultimo momento, è cosa sulla quale si deve invece lavorare e pensare molto».

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