Antonio Lodetti
Dopo unora e mezzo di musica il «signore» sul palco, munito di chitarra Fender nera e di una voce dal timbro bollente, trascina la band in una scatenata versione della Crawling Kingsnake di John Lee Hooker. Ripropone i suoni anarchici di Hooker in modo meno grezzo, non da ammaliatore voodoo, ma con grande gusto dellimprovvisazione ed enfasi comunicativa. Il brano è lunghissimo e sullultima nota il pubblico esplode in un boato. È il tocco finale del concerto a sorpresa che Bobby Solo ha presentato mercoledì scorso in anteprima al Blue Note di Milano nella nuova veste di bluesman. Lo show si intitola emblematicamente «Lacrime, Elvis & the Blues» e racconta la svolta di Bobby, che torna non solo alle radici rock ma alle sorgenti country e blues. Da dieci anni studia lo stile di giganti della chitarra come T. Bone Walker, Hubert Sumlin (roba da intenditori) e naturalmente Hooker, al quale ha dedicato in questi giorni un intenso album-tributo. Il country e il rnr sono da sempre nel suo dna (era ed è la voce più elvisiana della nostra scena); quindi ha alternato furenti blues in stile Chicago e morbide ballate cowboy come My Rifle My Pony and Me; ha riletto Hound Dog (che prima di diventare un classico di Elvis esprimeva tutta la sensualità di Big Mama Thornton) cambiando continuamente tempi e ritmi, scivolando dallo swamp blues al lento sincopato fino al finale a tutta birra.
Bobby Solo: una «fiesta» a ritmo blues
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