Politica

Bobo Craxi smentito: ha detto veramente che gli eletti all’estero non contano niente

Il sottosegretario agli Esteri rischia di rompere i fragili equilibri di Palazzo Madama. Romagnoli (Fi): si dimetta

Paolo Bracalini

da Milano

Nelle trame millimetriche con cui la maggioranza tesse i suoi numeri al Senato, blandendo i parlamentari eletti all’estero con 14milioni nella Finanziaria, la gaffe cade con la grazia di un elefante in una cristalleria. Scena: ricevimento ufficiale a Ottawa, capitale del Canada, visita del governo italiano, ci sono il sottosegretario agli Esteri Bobo Craxi, un giornalista e due parlamentari italo-canadesi. A un certo punto il giornalista fa per chiedere a uno dei due deputati canadesi perché in passato si fosse opposto al voto degli italiani all’estero. Ma quello non fa in tempo ad aprire la bocca che interviene il sottosegretario Craxi: «Tanto gli eletti all’estero non contano un cazzo», e giù una fragorosa risata. Ride solo lui. I convitati cadono in un gelo imbarazzatissimo. Episodio chiuso? Nemmeno per sogno. La gaffe transatlantica di Bobo Craxi fa il giro dei continenti in cui sono stati eletti i neo parlamentari. Alcuni seriamente incazzati. Si indigna Gino Bucchino di Toronto, eletto alla Camera dei deputati con l’Ulivo, si offende di brutto dall’Argentina Giuseppe Angeli, di Alleanza nazionale, è umiliato Vittorio Coco, segretario politico dell’Udc in Canada. A quel punto il sottosegretario Bobo Craxi ingrana la retro e, quattro giorni dopo l’incidente, fine ottobre, lancia la smentita: mai detto quella frase. «Smentisco le frasi a me attribuite da un sedicente giornalista canadese, circa un mio giudizio sui nostri parlamentari eletti nelle circoscrizioni all’estero. Al Senato, dal loro atteggiamento politico dipende la sorte dei governi: figuriamoci se non contano».
Ora però, il sedicente giornalista canadese, che poi è davvero un giornalista (è il direttore de L’Ora di Ottawa), Luciano Gonella, conferma tutto: «Grazie a Dio sono ancora in possesso di tutte le mie facoltà fisiche e mentali. Erano presenti due parlamentari federali pronti a confermare». Chi ha ragione? Angeli, eletto in Argentina, non ha dubbi: «Proviamo a compatire Craxi, in fin dei conti non sa neppure di cosa parla». L’eco della gaffe arriva in Italia. Massimo Romagnoli di Forza Italia chiede le dimissioni di Craxi, il Verde Arnold Cassola (eletto in Europa) rinfaccia: «Gli ricorderò che noi eletti all’estero ci siamo dovuti guadagnare i voti uno per uno».
E Bucchino, eletto in proprio in Canada, cosa dice? Ricorda il suo incontro alla Farnesina con il sottosegretario, prima del viaggio. «Ho cominciato a parlargli del Canada - racconta Bucchino -, ma forse parlavo solo a me stesso. Mai pomeriggio è stato da me speso più inutilmente». Craxi invece rimane molto colpito, soprattutto da un particolare: il pizzetto alla Lenin di Bucchino e la spilla rossa sulla giacca. Deve averla scambiata per un vessillo sovietico, anche se è quella della Inca-Cgil.

Perché a Ottawa, appena gli hanno fatto il nome di Bucchino, è sbottato divertito: «Ah, quel bolscevico!».

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