RomaMeglio gay che leghisti? Ma quando mai. Italo Bocchino ingrana la retromarcia, apre le note a piè di pagina e in the day after tenta di spiegare l’inspiegabile. Ovvero la sua affermazione secondo la quale se uno è gay può salire sullo scranno del presidente del Consiglio ma se è leghista invece no, non ha questo diritto. E dato che non c’è spiegazione possibile ad un improbabile paragone tra i gusti sessuali e le scelte politiche, Bocchino spiega che non è stato capito.
«Non ho mai detto meglio gay che leghisti», dice il vicepresidente dei deputati Pdl anche nella lettera pubblicata oggi dal Giornale. «Dico solo che non possiamo avere un premier leghista perché rappresenterebbe solo una parte del Paese», specificando pure di essere sempre stato «contrario ad ogni forma di discriminazione per orientamento sessuale» e dunque «ci può essere un premier gay». E per dar sostegno alle sue parole azzarda anche una rivelazione sul passato: «Abbiamo già avuto un premier omosessuale mai dichiarato». Dunque un presidente del Consiglio omosessuale già c’è stato. Per la verità secondo Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay, anche un presidente della Repubblica. Forse. Di sicuro c’è solo che non c’è mai stato un premier leghista.
Dunque Bocchino accusa il Giornale di aver equivocato le sue parole. Ma in questo equivoco ci sono caduti in tanti. Ad esempio Il Riformista di Antonio Polito che ieri aveva un titolo di apertura identico a quello del Giornale, soltanto al singolare: «Meglio gay che leghista». Anche alcuni tra i suoi vicini più stretti hanno inteso in questo senso le parole di Bocchino. Ad esempio Fabio Granata. «Quella di Bocchino è stata una battuta, ma non la condivido - dice Granata -, è scontato che un grande partito come il Pdl debba considerare, anche con forza, l’idea di continuare a guidare la coalizione». E «così come a Milano è legittimo che Bossi e la Lega chiedano il sindaco, è altrettanto legittimo per noi dire che non siamo d’accordo», conclude Granata.
Ad Amedeo Laboccetta, Pdl, l’esternazione di Bocchino non piace né nel merito né nel metodo. «Ritengo che valutazioni così sensibili e complesse non possano essere affidate a una battuta che ha il sapore della boutade», dice Laboccetta. «La scelta del premier nell’ambito di una coalizione dipende da fattori ben più rilevanti - prosegue - la personalità del leader in campo, la sua capacità di aggregare forze intorno ad un progetto, la consistenza elettorale. Non è con queste esternazioni che si aiutano leadership autorevoli come quelle del presidente della Camera, Gianfranco Fini».
Critico pure Edmondo Cirielli, sempre del Pdl.
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