Bocciato il tetto massimo agli stipendi dei manager Stop sugli aiuti ai precari

Bocciato emendamento con tetto a 350mila euro per gli stipendi dei manager di aziende con aiuti di Stato. No al pacchetto precari per "estraneità di materia". Fini: "Va recuperato"

Bocciato il tetto massimo 
agli stipendi dei manager 
Stop sugli aiuti ai precari

Roma - Non ci sarà alcun tetto massimo agli stipendi dei manageri per quelle aziende che percepiranno aiuti di Stato a causa della crisi. Lo aveva proposto la Lega proponendo di fissare il paletto a 350mila euro. La misura, contenuta nell’elenco degli emendamenti al decreto "salva auto", è stata considerata inammissibili per materia. Un altro emendamento bocciato prevedeva che gli emolumenti corrisposti a qualunque soggetto avente rapporti di lavoro con le amministrazioni statali, con le agenzie oppure con enti pubblici economici ed enti di ricerca, nonché con i magistrati, non potesse superare il limite del trattamento corrisposto ai membri del parlamento. 

Emendamenti da ripescare Molte bocciature sono state decise tenendo conto del regolamento della Camera in base al quale possono essere ammesse solo proposte riconducibili alle materie oggetti dei decreti legge. Dunque, nel caso specifico, in prevalenza norme attinenti agli incentivi alla rottamazione dei veicoli e all’acquisto di mobili. Non è detto però che alcune richieste non siano "ripescate" se, come aveva chiarito il presidente della Camera Gianfranco Fini nella riunione preliminare della scorsa settimana con governo e relatori, non si avrà l’accordo di tutti i gruppi. Il governo si è visto dunque negare l’istanza di trasferire le funzioni dell’Isfol al ministero del Lavoro e di obbligare i centri per l’impiego a rendere note settimanalmente le offerte di impiego. Via anche la proposta di uno dei relatori del testo, all’esame delle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera, per lo smaltimento degli pneumatici usati e la fiscalità per le auto aziendali, per il pagamento dei fornitori entro 60 giorni dalla consegna, per esonerare società pubbliche come Ferrovie e Poste dal tetto di spesa per consulenze, pubblicità e promozione.

Le altre "bocciature" Cassate molte richieste dei deputati anche della maggioranza. Non sono stati accettati, per esempio, gli emendamenti della Lega per ridurre i membri dell’Autorità per l’energia e per limitare a 350mila euro lo stipendio annuo dei dirigenti di banca. Via anche il testo del Pdl che prevedeva la detraibilità dall’Irpef del 50 per cento dell’Iva pagata per l’acquisto della prima casa. Respinte le proposte del Pd di istituire un Fondo strategico per gli investimenti e di destinare la minore spesa per il debito pubblico all’incremento delle detrazioni per dipendenti e pensionati.

Salta il pacchetto precari Il "pacchetto precari" varato dal governo la scorsa settimana e presentato come emendamento al dl incentivi davanti alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera cade sotto la scure dell’inammissibilità per "estraneità di materia". Il presidente della commissione Finanze, Gianfranco Conte, ieri aveva tuttavia precisato che nel caso in cui si dovesse verificare un "comune interesse" sul tema da parte di "maggioranza e opposizione" e "soprattutto la disponibilità del presidente della Camera" sull’argomento, il "pacchetto precari" potrebbe essere approvato con questo provvedimento. In caso contrario il governo dovrà trovare un altro veicolo legislativo. "Se c’è largo consenso tra i gruppi sulla necessità di discutere del pacchetto precari la presidenza della Camera ne prenderà atto", ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini. "Dipende dall’orientamento dei gruppi - ha detto la terza carica dello Stato - si tratta di emendamenti che ratio materiae sono inammissibili ma se c’è un largo consenso tra i gruppi ne prendo atto. So che ne stanno discutendo in queste ore, si tratta di materie di forte impatto sociale.

Un conto è l’interpretazione letterale del regolamento parlamentare, un conto è l’interpretazione politica. Se c’è convergenza - ha concluso - sulla necessità di discutere, che non vuol dire convergenza sul merito, ne prendo atto".

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