Il governo Monti rappresenta una sospensione della democrazia e il Pdl ha linterruttore per spegnerlo se le cose non andranno come concordato. Sono queste le parole usate ieri da Silvio Berlusconi, nel giorno della prima fiducia (al Senato) al nuovo esecutivo. Che è arrivata, perché così era nei patti. Il Pdl resta unito, nonostante lo tsunami, e la leadership di Berlusconi salda. Sono due notizie importanti, le uniche positive in una giornata che lascia lamaro in bocca. Per due motivi.
Il primo. La promessa rivoluzione montiana ha in sé tratti di berlusconismo. Cioè riforme liberali che la vecchia maggioranza aveva nel suo programma e che sono rimaste incompiute, in tutto o in parte, per la follia suicida di Gianfranco Fini, che ha messo in atto una scissione per pure ambizioni personali, e per un accanimento mediatico-giudiziario criminale.
La seconda. Vedere i senatori del Pdl votare insieme alla sinistra sconfitta alle elezioni è un boccone amaro da digerire. È vero che sono Bersani e Di Pietro a dover scendere su posizioni liberali e a rimangiarsi gran parte delle loro urla, ma la cosa non ci consola.
Paghiamo dunque il prezzo, ma non caliamo le braghe. Aiutiamo questo esecutivo fino al limite invalicabile dei principi non negoziabili. Tra i quali cè anche che un governo non eletto dal popolo non deve e non può forzare la volontà della maggioranza dei cittadini. Dobbiamo salvare leuro ma anche una storia.
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