Milano Sarebbe stato un cancelliere o un impiegato di un tribunale del distretto di Napoli a prelevare dai «cervelloni» del ministero della Giustizia il certificato penale di Dino Boffo, allora direttore del quotidiano cattolico Avvenire, da cui risultava una condanna per molestie: il documento, cioè, che venne pubblicato in prima pagina dal Giornale il 28 agosto dello scorso anno, aprendo un clamoroso caso politico, giudiziario e mediatico culminato con le dimissioni di Boffo. La «talpa» sarebbe già stata individuata e iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di accesso abusivo a sistema informatico. Non sarebbe in servizio presso il Palazzo di giustizia di Napoli ma presso uno dei tribunali «minori» che ricadono sotto la giurisdizione della Corte d’appello partenopea.
L’indagine sullo scoop del Giornale era nata da un esposto-denuncia presentato nei giorni immediatamente successivi dal leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro. Di Pietro aveva indirizzato la sua denuncia a due Procure: quella di Monza, competente per la tipografia dove si stampa il Giornale, e quella di Terni, la città dove Boffo - secondo quanto riferito dall’articolo del nostro collega Gabriele Villa - era stato prima indagato e poi condannato. E duplice era anche l’ipotesi di reato che veniva ipotizzata: nel caso che il documento risultasse vero, diceva Di Pietro, si doveva procedere per la violazione dei computer del sistema giudiziario; se invece il documento si fosse rivelato una patacca, allora doveva scattare una inchiesta per falsificazione di atto pubblico. Delle due l’una, insomma.
A condurre l’indagine, nei fatti, è stata poi la magistratura di Monza. E la conclusione cui è arrivata lascia poco spazio a dubbi: «accesso abusivo a sistema informatico». Vuol dire che si è scoperto che quel certificato penale proviene davvero dagli archivi riservati del «sistema giustizia». Poi - probabilmente per cercarne di occultare la provenienza - è stato sottoposto ad una specie di maquillage, un taglia e incolla in cui sopra i precedenti penali (veri) di Boffo è stata appiccicata una intestazione fasulla. Ma la sostanza è quella, il reato è quello. Tant’è vero che il sostituto procuratore monzese Caterina Trentini un mese fa ha trasmesso per competenza il fascicolo ai colleghi di Napoli, dove il reato sarebbe stato commesso.
A Monza, infatti, si era arrivati a dare un nome anche alla «talpa» che aveva rivolto al sistema informatico l’interrogazione su Boffo. Dettaglio curioso: a suggerire ai colleghi brianzoli come risalire all’origine della fuga di notizie sarebbe stato un magistrato di un’altra città, un collega vecchio ed esperto che in un altro caso era già riuscito a identificare il colpevole della soffiata, e che dopo avere letto sui giornali della denuncia di Di Pietro si era fatto avanti. Ed è seguendo i consigli del collega che a Monza sono arrivati alle generalità del presunto colpevole.
Ora la palla passa alla Procura di Napoli, sul cui tavolo è arrivato l’intero fascicolo. Dentro, oltre a quelle sul certificato penale di Dino Boffo, ci sono le risultanze delle indagini sull’altro elemento che veniva citato nell’articolo del 28 agosto: l’appunto (definito nell’articolo «nota informativa») in cui si dava conto dettagliatamente delle circostanze in cui il direttore di Avvenire sarebbe incappato nell’indagine per molestie. Anche su questo appunto nelle settimane successive si è disputato a lungo: è agli atti dell’indagine? Non lo è? È vero? È falso? La discussione venne chiusa nel dicembre scorso dal direttore del Giornale, Vittorio Feltri, con un articolo in cui dava atto a Boffo che «la ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali».
Ma nel frattempo l’indagine giudiziaria su quell’appunto è andata avanti, per cercare di capire chi ne fosse l’autore e come l’avesse messa in circolazione. Si è trovata una risposta anche a questa domanda? «No comment», dicono i vertici della Procura di Monza ieri pomeriggio. Ma non è escluso che anche su questo aspetto, prima o poi, la discussione si debba riaprire.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.