Roma - Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl. Sembra che il governo voglia accontentarvi e varare qualche misura per i salari già da quest’anno. Le risulta?
«Come al solito le versioni sono discordanti. Ci sono abituato, anche se questo stillicidio di indiscrezioni non giova a nessuno. Non a noi sindacati, ma nemmeno al governo».
Le smentite di Palazzo Chigi le sembrano il segnale che tutto potrebbe essere rinviato al 2009, se non più tardi?
«È molto semplice. Se davvero pensano a una strategia dilatoria, noi faremo lo sciopero generale. Forse non hanno capito che c’è molto malumore. Mentre discutono di riforme istituzionali che non riescono nemmeno a fare, gli italiani hanno un profondo senso di incustodia del bene pubblico. Se loro si prenderanno la responsabilità di rinviare, noi ci prenderemo la responsabilità di dare voce alla gente».
Altra ipotesi in campo è quella dell’una tantum. Se il governo puntasse a un accordo con Cgil, Cisl e Uil su un contributo dato solo quest’anno per rilanciare i consumi vi basterebbe?
«No. I redditi troppo bassi pesano in modo strutturale sui lavoratori dipendenti. E quindi la risposta deve essere strutturale. Sennò siamo ai soliti contentini. Alle monete arroventate che il Marchese del Grillo getta ai mendicanti».
Quindi da cosa vorrebbe partire?
«Subito un ritorno a detrazioni forti. A partire dalle famiglie più numerose e da quelle con figli disabili. Se si vuole dare agli italiani una risposta chiara il modo migliore è intervenire su fattori delicati, come i costi per accudire e crescere i figli. Poi un abbattimento totale delle imposte sul secondo livello di contrattazione. Poi possiamo anche pensare a nuove aliquote e scaglioni».
La riforma della contrattazione però è un affare vostro, delle parti sociali. Ieri all’Unità il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ha detto che va mantenuto integro il livello nazionale...
«Il 20 gennaio la trattativa con Confindustria entrerà nel vivo. Spero che daremo il meglio di noi stessi uscendo dal pantano contrattuale. Il livello nazionale deve rimanere, ma il modello deve poggiare moltissimo sul secondo livello di contrattazione, aziendale e territoriale, perché è lì che c’è la possibilità di fare crescere i redditi e le aziende. Il governo deve sostenerci con il fisco. E deve darsi da fare per il contratto degli statali, che sono stanchi di impegni non rispettati».
Lei ha chiesto una trattativa non stop con il governo. Non le sembra che i temi da affrontare siano troppi?
«Noi abbiamo proposto una nuova politica dei redditi perché vogliamo che si affrontino tutti gli aspetti del problema. Vogliamo che si cerchino soluzioni al ritorno dell’inflazione, come la sterilizzazione dell’Iva e delle accise. Tra l’altro siamo ancora in attesa di sapere quanto costa in termini di interessi sul debito pubblico l’aumento dei prezzi al consumo. Servono interventi su prezzi e tariffe. Bisogna parlare delle liberalizzazioni fatte e di quelle da fare, evitare che si creino cartelli. Vogliamo una politica dei redditi alla luce del sole».
Perché non è stato così fino a ora?
«Così come stanno le cose, mi sembra che le lobby siano più potenti. Entrano ed escono da palazzo Chigi come vogliono. E a questo noi non possiamo non contrapporre una concertazione con tutte le carte in tavola. Altrimenti si ripete quello che è successo negli ultimi tempi, come con Alitalia. Ancora nessuno conosce le carte».
Quindi, nonostante il protocollo sul welfare, ancora non vi piace la concertazione così come la intende questo governo?
«Il governo da una parte ha detto di volerla costruire, ma dall’altra l’ha smontata, anche attraverso l’azione delle sue componenti in Parlamento».
È un avvertimento alla sinistra radicale che
«Tutti devono capire che l’unica strada è quella della concertazione. È il solo modo per rendere trasparenti le scelte del governo».
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