BONARIO E DEFILATO Più vicino a Sodano che a Bertone, il cardinale non è mai stato una figura di primo piano

BONARIO E DEFILATO Più vicino a Sodano che a Bertone, il cardinale non è mai stato una figura di primo piano

«Non pensare. Se pensi, non parlare. Se parli, non scrivere. Se scrivi, non firmare». L’adagio è un allegro ma non troppo della prudenza ecclesiastica. E a Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo noto per il carattere bonario e alla mano, una volta è capitato di doversi confrontare con le conseguenze di parole dagli effetti turbolenti.
Era l’inverno del 2006, il cardinale Camillo Ruini era presidente della Cei da quindici anni e Romeo nunzio apostolico in Italia. Romeo decise di indire una consultazione epistolare tra tutti i vescovi italiani per sapere chi avrebbero gradito come successore di Ruini. La lettera finì sui giornali e Romeo, parlando alla Conferenza episcopale italiana, definì «Giuda» i vescovi che sospettava essere gli autori della soffiata alla stampa.
È l’incidente diplomatico di una vita da nunzio con il temperamento del pastore. Sandro Magister, esperto di cose vaticane, raccontando allora l’episodio sul suo blog Settimo cielo, commentava: «Il nunzio in Italia ha uno scarso peso, al paragone con quanto avviene negli altri Paesi. Romeo ha fatto di tutto per aumentare la sua incidenza. Ma lui stesso si diceva deluso: “Ottengo di fare solo il 20 per cento di quello che vorrei”». La consultazione era segreta, o almeno tale doveva restare.
Nel dicembre 2006, Paolo Romeo lasciò Roma in direzione della sua regione natale: Benedetto XVI lo aveva nominato arcivescovo di Palermo. Romeo si insediò nel febbraio 2007, ma ha ricevuto la berretta da cardinale solo nel 2010, aspettando e “saltando il giro” nonostante la diocesi siciliana sia una sede cardinalizia. E anche se è prassi non nominare cardinali quando i predecessori della medesima diocesi sono ancora in vita (o almeno non hanno ancora compiuto ottanta anni, età che li esclude dal voto nell’elezione del successore di Pietro), in molti avevano collegato il ritardo a quell’iniziativa che gli aveva creato qualche problema con i vescovi accusati di tradimento.
Esclusa questa vicenda, l’arcivescovo Paolo Romeo, nato ad Acireale il 20 febbraio del 1938, non ha mai avuto un ruolo tale da accendere le luci su di lui. È da sempre vicino al cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato vaticano fino al 2006, quando fu sostituito dal cardinale Tarcisio Bertone. E questo fatto iscrive d’ufficio il cardinale Romeo tra coloro che non sono certo vicini al cardinal Bertone. Come è evidente dagli episodi appena narrati, non ha mai avuto rapporti di particolare amicizia neppure con il cardinale Ruini.
Gioviale e facile all’esternazione, vicino ai movimenti carismatici, l’arcivescovo di Palermo ha le caratteristiche più tipiche del pastore, nonostante una vita quasi interamente trascorsa nell’amministrazione. Ha studiato alla Pontificia Accademia ecclesiastica, la scuola dei diplomatici vaticani, ha lavorato in Segreteria di Stato, ha ricoperto incarichi legati a Filippine, Venezuela, Ruanda e Burundi. È stato nunzio ad Haiti, in Colombia, in Canada. È rientrato in Italia. Alla fine è tornato nella sua Sicilia.
Romeo festeggerà oggi i suoi cinque anni da arcivescovo di Palermo con una celebrazione solenne in cattedrale. «È un vescovo che cerca di seguire i fedeli, molto cordiale con le persone, che ama la sua Chiesa, attaccato alla gente e sensibile ai problemi della città. Denuncia l’irresponsabilità, il clientelismo, le tangenti. Mi sembra fantachiesa, un episodio inverosimile. Il cardinale è estremamente rispettoso del Santo Padre. Non credo che si sbilanci a dire cose di questo genere» dice di lui un religioso palermitano attivo nella Diocesi, che preferisce non essere citato. Ieri sera era in calendario a Palermo una riunione dei consigli presbiterale e pastorale presieduta dal cardinale Romeo.

All’ordine del giorno una lettera a politici e fedeli sulle amministrative della prossima primavera, anche se altri eventi di attualità hanno preso il sopravvento.
«Farneticazioni che non vanno prese in alcun modo sul serio. Siamo alla follia». Così ha definito l’intera vicenda padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede.

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