Bonus bebè, la sinistra copia Forza Italia

Sabrina Cottone

Un bonus bebè per le donne in difficoltà economica, con un assegno di duecentocinquanta euro a partire dal sesto mese di gravidanza. La proposta, depositata alla Camera, è firmata Unione ma è perfettamente uguale a un’iniziativa voluta da Tiziana Maiolo al Comune di Milano e che è già operativa dal 2002. Il provvedimento concede alle donne incinte in difficoltà economica (e residenti in città da almeno tre anni) un sostegno economico di 258,22 mensili per 16 mesi, dal sesto mese di gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino. Ogni anno a Milano vengono aiutate circa trecento donne su un totale di quattrocentocinquanta che chiedono di poter ricevere il contributo e proprio per questo l’assessore ai Servizi sociali chiederà di aumentare gli stanziamenti: «Al momento sono di circa un milione di euro, il mio obiettivo è di portare il totale ad almeno un milione duecentomila euro, così da poter venire incontro al maggior numero possibile di donne».
Tecnicamente non si tratta di una norma anti aborto, ma nei fatti mette le donne in difficoltà in condizione di superare gli ostacoli economici che potrebbero portarle ad abortire. Spiega Maiolo: «La proposta firmata da Livia Turco e Rosy Bindi ricalca la delibera che ho proposto io personalmente e che è stata approvata il 20 dicembre 2001». Prima di allora il Comune concedeva aiuti economici solo alle donne che intendevano abortire per ragioni economiche: una norma introdotta tra le polemiche su spinta del consiglio comunale quando era assessore ai Servizi sociali Girolamo Sirchia.
È stata proprio la Maiolo a voler modificare quella norma, estendendo l’aiuto a tutte le donne in difficoltà economica: «Ho ricevuto la lettera di una donna cattolica che mi spiegava la sua situazione paradossale: pur avendone i diritti dal punto di vista economico non poteva accedere agli aiuti perché avrebbe dovuto dire il falso e cioè di aver intenzione di abortire, cosa che gli era impedita dalle sue convinzioni religiose. Alla fine, veniva emarginato proprio il mondo cattolico». Inoltre, la Maiolo aveva ricevuto dalla Asl diverse segnalazioni in cui si parlave di false dichiarazioni di donne. Da qui la decisione di ampliare il contributo. Conclusione: «Non è un contributo anti aborto, ma in favore di tutte le donne in gravidanza e che hanno bisogno di aiuto».
È proprio il fatto che si tratti di un provvedimento per tutti a essere contestato da chi, come l’azzurro Stefano Carugo, vorrebbe un provvedimento ad hoc per contrastare le interruzioni di gravidanza. Carugo, insieme con il capogruppo della Margherita, Andrea Fanzago, ha presentato un emendamento per cinquecentomila euro che chiede di «integrare la spesa per sostenere le associazioni che promuovono progetti di intervento in aiuto alla maternità». Tra i firmatari gli azzurri Lucini, Triscari e Masseroli, l’Udc Testori e la leghista Molteni, oltre che i margheritini Spirolazzi e Pantaleo. Spiega Carugo: «Chi ci contesta non conosce la legge 194, che prevede che consultori e strutture pubbliche promuovano iniziative per aiutare le donne a non abortire».
E di aborto parla anche un altro emendamento bipartisan, quello sulla pillola abortiva Ru 486 presentato dalla diessina Marilena Adamo e che chiede di stanziare fondi in favore di una campagna di informazione per l’adozione della Ru 486 negli ospedali milanesi. «Sono favorevole e lo sosterrò» annuncia l’assessore Maiolo. E spiega: ««Solo una donna può conoscere il dramma di un’interruzione di gravidanza.

Credo che se si possa togliere dall’aborto l’aspetto più cruento, quello cioè legato all’intervento chirurgico, sia un fatto positivo, anche se il dramma psicologico rimane. In ogni caso quello che io difendo è il diritto delle donne costrette a compiere una simile scelta».

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