Boom dei farmaci generici: il modello funziona

Spogliateli della marca famosa, della confezione sfavillante, della pubblicità su giornali e tv e il gioco è fatto. Anche sui farmaci si può risparmiare fino al 40% del prezzo di ogni confezione. Del resto, le medicine sono un bene di prima necessità, così come il pane, la pasta, il latte. Insomma, come tutti quei prodotti elencati nel paniere che il ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, si è impegnato a calmierare di un bel 30% con la disponibilità di Federdistribuzione.
Eccoli i medicinali low cost, che non aspettano altro che di essere acquistati sfidando le reticenze dei sempre meno diffusi consumatori che si sentono più «protetti» dall’Aulin piuttosto che dalla Nimesulide (nome del principio attivo del farmaco generico corrispondente). I dati, del resto, parlano chiaro. Se nel 2002 le prescrizioni dei farmaci generici stentavano ad arrivare al 10%, nel 2006 sono salite al 29% mentre hanno raggiunto il 39,4% nel 2007. Questo significa che quasi un medicinale su quattro si prescrive e si compra scontato. Di quanto? Dipende dal principio attivo, ovviamente. Ma l’abbassamento del prezzo è molto significativo. Prendiamo la simvastatina, medicinale contro il colesterolo. Il suo brevetto è scaduto nel 2007 e il prezzo del principio attivo è crollato del 42,7%. La tamsulosina, antibiotico, del 34,5%; l’omeprozolo, farmaco raccomandato per l’ulcera, del 13,9%; l’acido alendronico, utile per combattere l’osteoporosi, del 37%; il doxazosin, un antidepressivo, del 21,6%. Insomma, il portafoglio si può alleggerire di meno anche quando c’è di mezzo la salute.
Del resto, i generici ormai vengono regolarmente prescritti dai medici di famiglia, costretti a proporre al paziente le due alternative: il farmaco «griffato» oppure quello anonimo. Se il paziente sceglie quello di marca, la differenza di costo tra i due prodotti se la deve accollare lui. L’unico limite a questa forma di risparmio è il brevetto. Finché non scade, il prezzo del farmaco lo fissa la casa farmaceutica che lo produce. Ma sono ormai molti i medicinali fuori brevetto, tra cui diversi antibiotici, ipertensivi, antidepressivi e antinfiammatori. E non c’è che l’imbarazzo della scelta. L’importante è chiedere. Se il farmacista non lo propone, si deve sempre chiedere se esiste un farmaco generico che sostituisce quello di marca raccomandato dal medico. E non si deve avere timore della qualità. L’unica differenza è la biodisponibilità del farmaco, cioè la sua capacità di essere assorbito dall’organismo. Ma i generici sono sottoposti agli stessi protocolli di qualità dei farmaci di riferimento e sono validati dall’Istituto superiore di Sanità. Quindi ci sono tutte le garanzie.
Ma dove si consumano di più i medicinali low cost? Secondo i dati del rapporto Osmed elaborati da Pietro Panei, ricercatore del ministero della Salute, è la Toscana la regione più virtuosa. I generici costituisco il 24% della spesa farmaceutica pubblica e il 35% delle dosi prescritte. Seguono la Puglia, l’Emilia e la Liguria. Ma in quanto a dosi prescritte ormai quasi tutte le regioni si assestano al 30%. Sotto la media solo Campania, Basilicata e Calabria che non superano il 28%. «È stata superata quella resistenza culturale tipica del nostro Paese – spiega Panei –.

Ora infatti la gente si fida del farmaco non griffato e questo porta benefici anche al servizio sanitario nazionale. La quota di spesa per i generici è passata dal 10% del 2004 al 20% del 2007. Un bel risparmio anche per le casse dello Stato».

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