Michele Boschi
da Milano
A giudicare dagli ultimi dati non è più la casa in cima ai desideri degli italiani, bensì il mutuo. Sembrerà strano, ma è proprio così. Negli ultimi 2 anni la crescita dei mutui è stata 2 volte superiore a quella dei prezzi degli immobili: +25% a 49,2 miliardi nel 2004, +10,95% per 26,33 miliardi nel primo semestre di quest'anno, a fronte del valore delle case in lieve progresso (+6/8% per l'Ance). Questo significa che le persone tendono a indebitarsi di più e per un periodo più lungo (la media è ora di 20 anni) per l'acquisto di un mattone alle stelle.
I numeri forniti dalla Federazione italiana agenti immobiliari professionali, sono impressionanti: il 70% degli acquirenti ricorre al finanziamento, con punte del 90% in alcune regioni. Percentuali che trovano conforto anche negli ultimi dati del bollettino statistico di Bankitalia, che evidenzia come in un solo anno l'ammontare dei prestiti alle famiglie sia aumentato di 30 miliardi di euro, passando da 138 a 168 miliardi.
Il fenomeno invita alla prudenza, soprattutto nei riguardi dei clienti che potrebbero trovarsi in futuro in una condizione decisamente più critica. Non dimentichiamo che il costo del denaro è ai minimi storici nell'area euro dal giugno del 2003, al 2%, ma, con un'inflazione in crescita, e con la prospettiva di una ripresa delleconomia i tassi di interesse torneranno certamente a salire, così com'è successo negli Usa dove la Fed ha riportato in pochi mesi il tasso di sconto dall'1 al 4%. «Noi ci aspettiamo che Greenspan prima di lasciare il proprio mandato, con l'inizio del 2006, porti il costo del denaro al 4,5% - spiega Angelo Drusiani, gestore obbligazionario di Banca Alberini Syz. I movimenti sui titoli governativi già scontano questa mossa. Gli investitori scommettono su un rialzo dei rendimenti, in parte anche nellUe. La Bce - aggiunge Drusiani - dovrà presto alzare i tassi per diversi motivi: frenare l'inflazione, limitare la grande liquidità, le speculazioni immobiliari, e per evitare che il differenziale tra il tasso americano e quello europeo sia troppo marcato, favorendo una svalutazione eccessiva dell'euro, che porterebbe qualche beneficio economico alle società esportatrici, ma rischierebbe di alimentare ulteriormente i prezzi al consumo».
Il quadro nel breve periodo non sembra comunque essere preoccupante. Una differenza di 1 o 2 punti incide molto poco sulla rata mensile di un mutuo medio di circa 100-120mila euro, ma per importi superiori con orizzonte temporale di 30 anni è bene fare i propri conti. «Noi continuiamo a consigliare il tasso variabile (80% circa del totale dei mutui), nonostante la certezza del fisso, perché crediamo che i margini siano ancora più convenienti», sottolinea Pietro Locatelli presidente di Systema spa, società di Meliorbanca specializzata nei mutui. Ci sono poi strumenti in grado di andare incontro alle diverse esigenze degli acquirenti, che possono ridurre enormemente il rischio insolvenza: come i mutui a rata crescente, o decrescente, oppure a rata fissa, ma con arco di tempo variabile. Secondo Locatelli la flessibilità dei prodotti continuerà a essere l'arma in più di un mercato visto in aumento anche il prossimo anno, dove c'è spazio sia per i tradizionali protagonisti (Unicredit, Banca Intesa, Bnl), sia per i nuovi concorrenti come Woolwich, Ing, e Systema stessa. Recentemente il responsabile alla vigilanza della Banca d'Italia, Francesco Maria Frasca, ha evidenziato come i prezzi degli immobili non siano distanti dai picchi massimi del '92, e se si verificassero i medesimi storni degli anni '90 gli utili delle banche cadrebbero di un 7%. Segno del peso e dellesposizione del sistema creditizio verso i mutui. E in effetti i prestiti bancari per l'acquisto delle abitazioni sono saliti nell'ultimo decennio dal 5 al 14% del Pil. Cifre rilevanti, ma comunque lontane da quelle dell'area euro in generale (34%) e dagli Usa (64%).
Proprio per questo in Italia nessuno si sente di parlare di bolla immobiliare, diversamente da altri Paesi, America in primis, che continua a dare forti segnali nel mattone.
«Un certo rischio negli States esiste - dice Lorenzo Codogno, economista di Bank of America - anche se non crediamo che ci saranno dei veri e propri scossoni. Semmai un atterraggio morbido, verso valori più sensati, in relazione ai rialzo del tasso di sconto graduale attuato dalla Fed».
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