Borriello sul predellino azzurro per togliere il posto a Gilardino

Tocca a Marco Borriello, uno che ha solo sfiorato la Nazionale. Per sfondare in azzurro ha scelto di lasciare il Milan dopo l’arrivo di Ibrahimovic: sostare in panchina gli avrebbe provocato oltre che una forte depressione, un precoce addio al club Italia. Che è sempre stato il suo nervo scoperto e nello stesso tempo il suo obiettivo dichiarato. Da troppo tempo Borriello e la Nazionale hanno amoreggiato senza mai trasformare l’idillio in una vera storia d’amore. Prendete l’estate del 2008: Donadoni ct azzurro, l’europeo di Austria e Svizzera alle porte, un centravanti da inventare e un Toni da recuperare. Bene: Borriello è partito per Vienna sicuro di sfondare perchè reduce da una stagione coi fiocchi, col Genoa, gol a ripetizione e tutti di ottima fattura, così da spingere il Milan a riscattarlo e a riportarlo a casa, a Milanello cioè.
L’Italia di Donadoni si arrese, ai rigori, alla Spagna poi campione d’Europa ma nel frattempo Borriello non ebbe l’occasione da prendere al volo. L’ebbe Cassano e la sfruttò parzialmente contro la Francia, l’ebbe Di Natale consumandola malinconicamente, non l’ebbe Borriello rimasto ad aspettare che il fantasma di Toni concludesse la sua carriera azzurra. Fu probabilmente l’unico rimpianto di Donadoni uscito di scena al ritorno in Italia e rimpiazzato da Lippi. Due anni dopo, in preparazione al mondiale della delusione, Sudafrica 2010, Borriello finì nell’elenco dei sostituti, un quartetto rimasto a lavorare sodo al Sestriere fino al giorno della partenza dei 23 per Johannesburg. Sudò, marcò qualche gol, si fece notare senza catturare l’occhio di Lippi, rimasto fedele a Gilardino e a Pazzini, rimpiazzo ideale. Borriello tornò a casa masticando amaro: si trattenne a fatica dall’apparecchiare interviste al pepe nero per Lippi e rinfoderò ogni legittima aspirazione.
Forse è arrivato il suo momento. Il passaggio da Milano a Roma gli è servito per trovare fissa dimora calcistica e conquistare un credito che sembrava irrimediabilmente perso. La sparizione dai radar di Toni, l’infortunio a Gilardino, l’assenza di Quagliarella («avevo problemi alla caviglia» il chiarimento dell’interessato per smentire voci di diserzione) e il doppio impegno tra Belfast e Genova (qui la candidatura di Pazzini è quasi scontata) gli hanno spalancato il viaggio in Irlanda del Nord e le porte della Nazionale, dove è arrivato fiero e disposto a ogni sacrificio pur di salire sul predellino giusto al momento giusto.
Deve solo stare attento quando accendono il registratore. Nelle interviste Borriello è un disastro. Vi ricordate la battuta su Saviano? Oltre all’imbarazzo provocato al Milan, fu costretto a una retromarcia faticosa.

Vi ricordate la battuta sui rigori al Milan per nascondere il dispetto di Brescia? Fu costretto, anche allora, a riavvolgere il nastro per tentare di rimediare ai danni compiuti. L’ultima uscita? Dopo Napoli ha smentito Ranieri: «Io stanco? Per niente». Ecco: l’importante è che Borriello parli solo con i piedi, se possibile.

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